In occasione del 130° anniversario dalla fondazione, Famiglia Cecchi ha organizzato una verticale di Chianti Classico Gran Selezione Villa Rosa Vigna Casetto, presso la sede aziendale a Castellina in Chianti.
Il co-titolare Andrea Cecchi racconta che il vigneto Casetto, coltivato a 425 metri s.l.m. esclusivamente a Sangiovese, sorge all’interno della cipresseta naturale Sant’Agnese, la più antica d’Europa. Le vertiginose escursioni termiche assicurano alle uve una perfetta salubrità e un mirabile corredo aromatico. Durante la primavera è stata eseguita un’accurata selezione dell’impianto fogliare e dei grappoli, al fine di evitare pericoli di marcescenza in caso di piogge estive.
L’enologa Miria Bracali ha poi specificato che il tratto distintivo e continuativo della Gran Selezione Villa Rosa – anche rispetto alla sorella Gran Selezione Villa Cerna – è la spiccata acidità, con un ph che si attesta sul 3,35. Inoltre, è volutamente evitata la maturazione del vinacciolo, cioè la maturazione fenolica, in quanto per ottenere la maturazione anche del vinacciolo si sconfinerebbe in sovramaturazione dell’acino. Pertanto, in cantina occorre adottare la tecnica di rimuovere presto i vinaccioli che, senza maturazione fenolica, porterebbero nel vino quel “verde” tanto spiacevole al palato.
Le annate 2017, 2018 e 2019 hanno svolto lo stesso tipo di maturazione, frutto della riflessione dell’enologa, più incentrata sul processo ossidativo che su quello riduttivo: 18 mesi in tonneaux, 12 mesi in cemento prima dell’imbottigliamento e affinamento in bottiglia di almeno 6 mesi.
2019, 14%: rubino con discreta trasparenza, naso di viola e lavanda, lampone, gelée di fragola e vegetale di felce. Speziatura di anice stellato e macis. Tannino vibrante, finale sapido e mediamente persistente.
2018, 14%: ha un olfatto più balsamico dell’annata precedente. Cioccolatino alla menta, eucalipto. Gli odori di frutta emergono in un secondo momento, accompagnati da rosa rossa e spezie piccanti. Mi ha sorpreso la freschezza, più spiccata delle altre annate; sorso scattante con tannini saporiti.
2017, 14,5%: rubino con riflessi granato. Profuma di melissa, prugna e amarena. In bocca è arancia rossa. Trama tannica non perfettamente integrata.
Le annate 2015 e 2016 hanno invece svolto una maturazione di 15 mesi in tonneaux, 3 mesi in cemento prima dell’imbottigliamento e affinamento in bottiglia di almeno 1 anno.
2016, 14%: ciliegia marasca, mora di gelso, viola. Sfondo di ginepro della Val Tiberina e chiodo di garofano. Al palato, l’impatto è gustoso e raffinato, con ritorni di boero, ciliegia sotto spirito e cacao. Tannino disciplinato, e la freschezza ancora vivace fa da contraltare a una deliziosa sapidità.
2015, 14%: profumi che vanno verso le confetture di frutti di bosco. Rosa rossa appassita, sottobosco con un tocco speziato di pepe nero. Il sorso è pieno e vigoroso, riporta alla frutta nera matura, melograno e chinotto, con aromi sparsi di tabacco e caffè. Ottimo il connubio tra freschezza, alcol e tannini ben profilati.
Dopo la verticale, il pranzo è alla Foresteria di Villa Cerna e prevede la degustazione a confronto delle due Gran Selezioni, Villa Rosa e Villa Cerna, nella doppia annata 2015 e 2016. La comparazione tra i due rossi era pensata in abbinamento al primo e al secondo piatto – pasta al ragù di cinghiale e fiorentina alla brace. Tuttavia, un inghippo in cucina ha fatto sì che l’attesa del primo piatto diventasse infinita, tant’è che alcuni hanno chiesto di passare direttamente alla bistecca. Notando un’increspatura di dispiacere sulla fronte di Andrea Cecchi, senza riflettere ho azzardato un’iniziativa del tutto personale, e ho colto l’opportunità del ritardo per improvvisare un fuoriprogramma. Ho sentenziato che non se ne parlava di rifiutare il primo piatto, sarebbe stato un affronto allo spreco alimentare.
Quindi, con la complicità da Charlie’s Angels di Miria (l’enologa) e Serena (la marketing manager) ho chiesto una boule con acqua e ghiaccio e due bottiglie di Cobalto, il bianco dell’azienda Cecchi che io adoro. Durante l’antipasto era stato servito il bianco Aria di Casa, un trebbiano spoletino della Tenuta Alzatura, altra azienda di famiglia. Ho proposto a tutti i colleghi di ingannare il tempo con una comparazione dei due bianchi, Aria di Casa e Cobalto. Con la temperatura torrida di metà luglio, l’idea del bianco ghiacciato ha conquistato tutti. Ho sorvegliato la boule finché il Cobalto non è arrivato alla giusta temperatura, e l’ho personalmente servito agli invitati, mentre Miria dava conto delle caratteristiche dei due vini e Serena sollecitava la cucina.
Tenuta Alzatura Aria di Casa Montefalco Bianco DOC 2019, 12,5%: la modifica al disciplinare ha consentito l’utilizzo di Trebbiano Spoletino per il Montefalco Bianco, ecco perché è nato Aria di Casa. Mai nome fu più azzeccato, perché questo vino sa di casa. Come tutti i trebbiani, anche quello spoletino non è particolarmente profumato, non ha sentori iconici nel suo corredo, a parte note floreali di camomilla e semi di girasole. Eppure sa di tavola casereccia, di pranzo domenicale. In bocca gli aromi si svelano di più: melone, pesca gialla, anacardo, con un sorso più sapido che fresco.
Val delle Rose Cobalto Vermentino Maremma Toscana DOC 2020, 13,5%: conosco il Cobalto da molto tempo e per me rimane una delle migliori espressioni di vermentino della Maremma, l’annata 2020 poi è riuscita particolarmente bene. La metà delle uve fermenta in legno, 1/4 in acciaio e 1/4 in anfora: forse sono le 3 diverse vinificazioni a renderlo così caleidoscopico. Profuma di cedro, timo limonato e pepe bianco. Nitidi richiami di frutta tropicale, zenzero, ginestra e tarassaco. In bocca crea un intreccio fresco-sapido accattivante, con uno sfondo di albicocca e tè e a conclusione un’impronta appetitosa di salvia.
Con tempismo perfetto, al termine della degustazione dei due bianchi viene servito il primo piatto, accompagnato dalla degustazione delle Gran Selezioni Villa Rosa e Villa Cerna. Ad Andrea Cecchi, che mi chiede: “Allora dimmi, ti piace di più il Villa Rosa o il Villa Cerna?” Rispondo, di pancia: “Penso che siano le due facce dello stesso Sangiovese “coccolato” per la Gran Selezione, ma hanno un modo diverso di sedurre: il Villa Cerna è la Sirena che ammalia e incanta Ulisse; il Villa Rosa è Paolo Conte che ti canta Vieni via con me”.
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