Il Quellenhof Gourmetstube 1897 è il fine dining all’interno del Quellenhof Luxury Resort Passeier in Alto Adige, nella splendida e rigogliosa Val Passiria. Il resort è un autentico capolavoro di lusso, eleganza e comfort: 10 mila mq di wellness e spa, 23 saune, 7 campi da tennis, 12 piscine di cui una – trasparente – sospesa. Una pista da bowling, un cinema in 3D e un lago balneabile.
Da un’entrata indipendente, che tuttavia non lo rende autonomo dall’hotel, si accede al Gourmetstube 1897. Una saletta piccola e accogliente ospita non più di 10 tavoli e la cucina non è visibile, in quanto separata dalla sala.
La filosofia dello Chef Michael Mayr è tutta improntata sull’impiego di prodotti locali, ad eccezione di tocchi esotici che danno contemporaneità allo stile culinario. I fornitori sono piccole aziende disseminate nei dintorni del resort, dalla carne ai formaggi, dai pesci di fiume alle erbe aromatiche. Anche la carta dei vini, curatissima, è esempio di territorialità. Non ci sono etichette “consolatorie”, tutti i vini presenti in carta, anche gli internazionali, sono il frutto di una ricerca di qualità che va oltre l’etichetta.
Autore di questo lavoro, e maître di sala, il giovane e pluripremiato Matteo Lattanzi, classe 1987 e competenza da far invidia ai sommelier di lungo corso.
Amuse Bouche: 8 pennellate di alta cucina, tra cui mi hanno fatto emozionare pulled pork, foie felice, salmone con asparagi bianchi, agrumi e perle di senape.
Ha accompagnato l’amuse bouche il Kurtatsch 600 Blanc de Blancs Extra Brut Alto Adige DOC 2017 Metodo Classico: le bollicine fini e persistenti si rincorrono nel calice, ha il colore del lime, il naso di pera williams, pesca bianca, fiore d’acacia, nespola e pan brioche. In bocca l’impronta è agrumata di pompelmo e ritornano gli aromi di mela golden e nocciolina, con una curiosa incursione di pistacchio a fine sorso.
Astice – carota dolce, riso e uovo di quaglia: mi ha sorpreso la meravigliosa consistenza dell’astice, l’armocromia del piatto e il riuscito abbinamento carota dolce-uovo di quaglia.
Beuscherl – granturco, uovo biologico, tartufo nero: beuscherl (o beuschel) è un piatto tipico della tradizione tedesca e austriaca a base di frattaglie. Letteralmente, è la parte di preda a cui ha diritto il cacciatore, in genere polmoni, cuore, reni e milza. La generosa grattugiata di tartufo nero ha fatto impennare l’aromaticità del piatto e l’uovo ha tenuto a bada i sentori selvatici. Ottimo.
Huco (salmone del Danubio) – ceviche di cocco, bambù e trifoglio verde. E’ il piatto che mi ha emozionato di meno, forse per la spiccata tendenza dolce di cocco e bambù.
Con Beuscherl e Huco è stato abbinato Feldmarschall Von Fenner Tiefenbrunner Alto Adige DOC 2019: 100% Müller Thurgau, 13,5 %: le viti sono allevate a 1000 metri s.l.m., il mosto fermenta per metà in legno e per metà in cemento. E’ giallo paglierino chiaro con riflessi verdognoli, al naso emergono fiore del tiglio, litchi, mango e assenzio. Il sorso è meno teso e verticale di quanto mi aspettassi, ma ha comunque una beva gustosa, con espressioni di susina Claudia e erbe officinali, che perdurano nel finale sapido.
Barbabietola – colomba Mieral, formaggio alpino, liquirizia: difficile ricordare un simile esempio di armonia di ingredienti. La combinazione barbabietola-liquirizia è molto aromatica, e il ripieno di colomba rende il boccone seducente, con il finale goloso di crema di formaggio. Questo, e il raviolo ripieno di ossobuco, sono i piatti che da soli valgono il viaggio in Alto Adige.
Pitzner Maximus IGT 2021: 100% Pinot Grigio, 14%: ramato lucente, profuma di lampone, ribes, glicine e lavanda, con un discreto sfondo di ciottolo di fiume. In bocca esplode di freschezza, i sentori da macerazione sono leggerissimi e si inseriscono tra screziature di mela Stark e pompelmo rosa.
Raviolo ripieno di ossobuco, albicocca della Val Venosta, finferli e Belper Knolle (formaggio svizzero) condito con olio alle erbe selvatiche. L’ossobuco riesce ad innescare succulenza anche quando è il ripieno di un raviolo. Eccellente.
Wildmonn Alto Adige DOC Pinot Noir Riserva 2018: 100% Pinot Nero, esegue fermentazione in botte per 16 giorni con pigeage e delestage costanti. Ha uno spettro olfattivo infinito di ciliegia, susina rossa, ciclamino, alloro e incenso. Il sorso garbatamente sapido rivela un volume sottilissimo, con tannini setosi e un impatto fruttato di melagrana sullo sfondo di conifera, di foglia di tabacco e cardamomo. Finale interminabile. Valutato, a buon titolo, uno dei migliori 20 Pinot Nero italiani.
Agnello da latte – patate, scorzonera, funghi: l’abbinamento agnello/patate non tradisce mai, soprattutto se queste sono servite sottoforma di millefoglie fondente.
Con l’agnello abbiamo degustato Kornell Vigna Kressfeld Sudtiroler Merlot Riserva 2015, 14%, 100% Merlot: libera profumi di humus, frutto nero polposo, cassis, chinotto. Sorso pieno e avvolgente, con tannini saporiti perfettamente integrati nell’alcol.
Cocco – frutto della passione, mandorla, opalys: un dessert strabiliante. L’opalys è una vera sciccherìa, un cioccolato bianco che non ha niente a che vedere con il cioccolato bianco comune. Non è troppo dolce e in bocca si scioglie in un istante, lasciando un appena accennato aroma di vaniglia. Il gioco delle tre consistenze delle praline ha poi fatto il resto, con il frutto della passione racchiuso in un guscio che sembra di filigrana e il cocco a smorzare l’acidità.
Il Gourmetstube 1897 è uno dei migliori esempi di alta ristorazione d’Italia, per l’eccellenza dei piatti, la carta dei vini, la capacità del menu di rappresentare il territorio, la sostenibilità nella scelta delle materie prime a km 0. Ma non è solo questo. Al Gourmetstube c’è una professionalità che va oltre la formazione e l’esperienza, c’è vocazione, ho le prove. Infatti, gli eventi programmati di fine dining rischiano di essere “ingessati” in un copione che li rende, sebbene curatissimi, né più né meno che lo svolgimento di un saggio teatrale, seguendo un programma provato e riprovato. Capita però che critici esigenti si divertano a sparigliare le carte, con una serie di “questo non lo mangio, questo non mi piace, questo non mi va” che non è la canzone di Carletto, bensì il modo per mettere alla prova la duttilità del maître e dello chef.
Così, qualcuno desidera un’alternativa all’alcol sulla carne e Matteo Lattanzi, senza battere ciglio, gli serve nientemeno che un succo di mela color rosso carminio del produttore Khol di Soprabolzano, la cui trama tannica lo rende perfetto per la carne rossa. E a chi dichiara di non gradire l’agnello da latte, ma nemmeno l’alternativa vegetale, lo chef predispone all’impronta un piatto da manuale. Infine, complice una telefonata irrinunciabile, per un commensale i tempi di servizio rischiano di essere sfasati con il resto del tavolo, o di fargli mangiare il piatto freddo. Niente panico, il maître in sala (e lo chef in cucina) calcolano l’attesa, creano un fuoriprogramma per gli altri commensali e tutta la compagnia rimane allineata con il servizio delle pietanze. Classe!
Copyright Foto Federica Bonacchi e sito GourmetStube1897
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