Quando ho ricevuto l’invito per la verticale di Vinsanto di Castello Sonnino e La Leccia, mi sono chiesta perché due aziende della medesima, piccolissima sottozona di Chianti DOCG – Montespertoli, appunto – avessero deciso di organizzare questo evento insieme. Insomma, due aziende che i moderni business-men definirebbero competitors, anziché promuovere ciascuno il proprio prodotto con eventi separati, si uniscono per promuovere insieme prodotti che i boomers considerano concorrenti.
Ho avuto la risposta non appena ho visto Leone de Renzis Sonnino, del Castello Sonnino, e Lorenzo Bagnoli, della Fattoria La Leccia: sono giovani, il loro mantra è fare rete; per loro la crescita, soprattutto negli affari, dipende non dalla pubblicità del proprio prodotto, ma dalla promozione del loro comune territorio. A differenza delle generazioni precedenti, sono nati con la consapevolezza che la connessione tra produttori è l’unica strategia per generare una cultura oltre il calice.
La degustazione si svolge nel Castello Sonnino che, appartenuto ai Machiavelli, fu acquistato intorno al 1800 dai Baroni Sonnino e fu poi dimora di Sidney Sonnino, illustre esponente liberale nel periodo dell’unificazione e più volte primo ministro ai primi del ‘900. Nel 1987 Alessandro e Caterina de Renzis Sonnino lo scelsero come dimora di famiglia e qui hanno cresciuto i figli Virginia e Leone. Da quel momento Alessandro ha preso in mano la produzione vinicola, che nel castello è iniziata nel 1500 e non è mai stata interrotta: esattamente sul pavimento dell’odierna barricaia passava l’antica via Volterrana. Sulle scelte operate da Alessandro de Renzis Sonnino in merito a vitigni e metodi di produzione, ha indubbiamente avuto un peso determinante il forte legame con l’amico Eric de Rothschild di Chateau Lafite, dal quale Alessandro ha mutuato l’amore per il Merlot.
La verticale di vin santo è organizzata nella vinsantaia risalente al 1500, nella quale è possibile appurare di persona l’importanza dell’aerazione per l’appassimento delle uve e per la maturazione nei caratelli: è un sottotetto enorme, senza pareti divisorie, le stuoie sono ben separate da almeno 30 centimetri d’aria e con circa 20 finestre.
Castello Sonnino Vinsanto del Chianti 1999: profuma del dopo-pranzo di Natale, di fichi secchi ripieni di noce, di caramella d’orzo e di buccia dei mandarini buttata nel camino che si mangiano con indolenza per digerire. Il ventaglio olfattivo si chiude con la scia speziata di cannella e tahina. Il sorso è molto ricco, ricorda il Buccellato di Lucca, e ritornano gli aromi agrumati, anche se in chiusura la bocca rimane un po’ dolce.
La Leccia Sua Santità 2005, trebbiano con piccolo saldo di malvasia. Ambra luminoso e vivace, libera sentori di pistilli del giglio, croccante di mandorle, datteri, tè al bergamotto e cenni eterei di smalto. Sorso caldo ed energico, con impronte nitide di caramella Rossana intervallate da kumquat e zafferano. Il Cibrèo ha servito, in abbinamento, la pralina di cioccolato fondente ripiena di patè di fegatini alla toscana. Eccellente.
Castello Sonnino Vinsanto del Chianti Red Label 2008: camomilla essiccata, cedro candito, uvetta, miele di acacia e pinoli. Note ossidate di acetica. Dorsale acida che bilancia in modo magistrale l’iniziale dolcezza e accompagna all’epilogo discretamente sapido. Da questo campione in poi si avverte l’inizio della nuova era enologica, molto diversa dalla precedente. Gli assaggi sono più secchi, più complessi al naso e al palato, e la freschezza gioca a ping-pong con la sapidità. Lorenzo Bagnoli e Leone de Renzis Sonnino spiegano che il cambio di stile risponde alla nuova percezione, da parte del consumatore oltre che dell’esperto, del vinsanto a tavola. L’accompagnamento tradizionale con cantucci a fine pasto ha ormai ceduto il passo ad abbinamenti gastronomici di più ampio respiro, a partire dalla scaloppa di foie gras, ai formaggi stagionati o erborinati, alla selvaggina da piuma. Ma si sa, il vinsanto – quello vero – è nettare raro, pertanto l’obiettivo vincente per i produttori sarà quello di farlo diventare la valida alternativa per un abbinamento armonico, e non l’esoso prodotto di nicchia, che poi viene snobbato per antipatia.
Castello Sonnino Vinsanto del Chianti Red Label 2015, 14% – 100% trebbiano. Appassimento 4 mesi sulle stuoie, vinificazione in caratello e maturazione di 6 anni in caratello di rovere e castagno. Acidità 6,65 g/l. Naso elegante di fichi secchi, albicocca disidratata, miele di castagno, mallo di noce, arricchiti da aliti balsamici di resina di pino, ginger candito e zucchero a velo. Sorso avvolgente e dinamico, la freschezza sorregge la struttura e permane nel finale duraturo.
La Leccia Sua Santità 2016: color topazio lucente, ha un bouquet raffinato ma penetrante di tiglio e narciso giallo, ceralacca, pan di zenzero, rabarbaro e speziatura balsamica di carvi. Al palato, la dolcezza non è adesiva, si dissolve in pochi attimi grazie alla generosa freschezza, con gradite punte di sapidità. Minuscole sfere di miele salato scivolano ai lati della lingua e accompagnano ad un finale corroborante di tè alla pesca.
Dopo la verticale di vinsanto, si è svolto il pranzo nella sala del castello: come essere sul set di Downton Abbey, con tovagliato, posate e stoviglie da cerimoniale presidenziale. Lo staff del ristorante Cibrèo ha preparato per gli ospiti un menu delizioso, del quale cito due piatti: il timballo di tortellini con prosciutto cotto e parmigiano e il piccione arrosto con le mostarde. Ad ogni boccone di timballo non capisco se ciò che mi rende famelica è la crema di parmigiano, il prosciutto cotto o il ripieno dei tortellini. Mentre me lo chiedo il timballo è finito, rimarrò col dubbio.
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