L’articolo apparso sabato scorso su Repubblica, a firma di Michele Serra, mi aspettavo generasse un bel po’ di discussioni nell’ambito enogastronomico, invece è passato un po’sottotono, almeno sul web. “L’ossessione del cibo” è il titolo: in pratica, quanto è diventato di moda, parlare,scrivere, discutere di cibo nelle varie forme di comunicazione, fino a far diventare la cucina uno spettacolo. Vegono citati Nigella Lawson, Antonella Clerici, Jamie Oliver e poi i due film di successo “Julie&Julia” e “Soul kitchen”. Da qui si passa poi a ricordare la valenza culturale di una rivista come La Gola, nata nel 1982, che segna il legame con la politica: va da se’ che il legame successivo è quello con Slow Food, del quale ricorda il padre fondatore Carlo Petrini. La domanda che sorge spontanea di questi tempi è: cosa hanno in mente i dirigenti SF? Fino ad oggi i politici sono serviti a SF per consolidare il proprio potere, e sono riusciti a dialogare a destra e sinistra, spesso più a destra che a sinistra, almeno per risultati acquisiti. Sembra però che qualcosa stia cambiando: l’attuale ministro delle Risorse Agricole, Zaia, ha dialogato con loro senza però intraprendere progetti costosi , in alcune regioni come la Toscana, cambia il presidente, ed il legame molto stretto che si è creato con l’amministrazione rischia di rompersi(la Fondazione Slow Food delle Biodiversità ha sede a Firenze e riceve regolari sovvenzioni dalla Regione).alcuni rumours sembra che indichino una volontà di passare all’azione, quasi quella di diventare un soggetto politico autonomo. Non è che l’articolo di Serra è un battistrada?
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