Credo che mai come in questo momento sia risuonata la parola “concretezza” relativa alla cucina. Più che di essere stupite le persone hanno bisogno di mangiare, meno fuochi di artificio e più solidità alimentare. Ma non sono mai mancati, nel corso degli anni, i periodi “leggeri” quelli dell’inutilità applicata al cibo e ai lavori da fare nel prepararlo.
Quando ero frequentante la scuola alberghiera, fine anni Settanta, prendere in giro gli allievi giovani da parte di compagni di scuola o anche da parte degli insegnanti era all’ordine del giorno: una lezione di vita che insegnava umiltà, allegria, sincerità e serviva a farsi un po’ di pelo sullo stomaco che mai guasta nel proseguio di una professione dura e complessa.
La domanda di rito arrivava infingarda “Vammi a prendere in magazzino lo svuotapiselli!”: questo lo strumento che veniva sempre richiesto dal serissimo professore a scuola, quando voleva prendere in giro i giovani allievi.E a questo seguiva l’arrabbiatura del magazziniere, le risate e l’insegnamento di ragionare prima di effettuare le cose.
Perché oggi mi p venuto in mente questo? Perché oggi che si torna a parlare di ritorno alle origini e bisogno di tradizione l a domanda che sorge spontanea è: ma qualcuno ci ha mai pensato davvero a riempire i piselli? AI tempi della cucina molecolare e creativa sono convinto che qualcuno lo ha provato a fare…
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