“Guarda che stai perdendo solo tempo e soldi!”: il commento di lui mentre era in mezzo ai lavori del suo negozio. Oltre a mancare di autostima personale, aveva scelto di stare accanto ad un personaggio, che ultimamente stava definendo coinquilino, che certo non l’aiutava a risolvere problemi o situazioni non esattamente semplici nelle quali si  trovava coinvolta. Questa volta lo guardò in maniera ironica, nemmeno aveva voglia di sprecare forze per contrastarlo: “Ma tu devi andare a Praga vero?” “Si parto tra tre ore” “Vai a casa altrimenti fai tardi, perdi il volo e ti arrabbi. Noi ci sentiamo al ritorno”. Lo liquidò con poche parole, non aveva intenzione di sentirlo accanto in questa ripartenza, e capiva come la storia fosse giunta al capolinea. Ed era la seconda fermata importante alla quale stava arrivano: aveva mollato il lavoro di assistente di un manager dispotico, arrogante, violento ma capace e creativo, dieci anni intensi, belli e bui, fantastici e deprimenti, con l’adrenalina sempre sopra le righe. Ora aveva girato l’interruttore: si era presa uno spazio personale, che poi era diventato anche fisico, che non doveva essere violato da nessuno. Faceva il conto della sua vita: dopo aver provato a forzarsi a fare esperienze lavorative fuori dal suo schema abituale, belle, forse utili, ma inconcludenti, era tornata a guardarsi dentro per comprendere meglio cosa volesse davvero fare. E si era accorta che accogliere le persone in un luogo suo, parlando di oggetti belli e caldi, avesse un senso: educare al gusto del bello fin da piccoli, era questa la sua missione. Ed una bottega  di giocattoli le era sembrato il modo migliore per ritrovarsi e rigenerarsi in qualcosa di nuovo. Chiuse la porta e osservò il lavoro compiuto: legno per terra per far giocare chiunque entrasse, anche gli adulti. Poi tappeti, solo in quella stanza ne aveva messi tre sovrapposti, due divani e poi , alle pareti, giochi: da tavolo, peluche, giochi di legno, giochi individuali, giochi di società…giochi!. Al piano di sopra, l’angolo della merenda, il tè come la camomilla, pensando più alle mamme, e la cioccolata calda pensando invece ai bambini; lo spazio del dolce offerto, quindi i libri, dove erano compresi i fumetti, le novelle, le storie illustrate. Le piaceva proprio, era uno spazio caldo nel quale lei si poteva ritrovare. Erano stati anni brucianti di passione  che l’avevano in parte consumata, e si era un po’ scordata di se’. Di sicuro, non avrebbe più voluto accontentarsi, non rimpiangeva ma nemmeno condannava quegli anni di notti insonni e vive, quei dolori lancinanti dati dall’amore che però si trasformavano in gioia allo stato solido. Ora la scelta del lampadario diventava un’esperienza affettuosa, le tende meritavano giornate di shopping in negozi assurdi e belli, le mattonelle del bagno erano state scovate nei bassifondi di un magazzino ed avevano comportato un mal di schiena di una settimana, doloroso ma soddisfacente. Si mise a sedere per terra, testa sul divano, piedi sulla pila di libri, due minuti di riposo e poi avrebbe ripensato al giorno dell’apertura. Un lieve bussare, un suono che gli ricordava quando lui arrivava a casa e non suonava mai il campanello, una sorta di riconoscimento. Pensava di dormire, ma era sveglia: si avvicinò alla porta, avrebbe voluto scostare la tenda per vedere chi fosse ma preferì non farlo. Sapeva che fosse lui, ma riuscì a rimanere lo stesso sorpresa: aveva in mano le bignoline allo zabaione, gli occhi a pesce lesso, un sorriso ebete e un Pinocchio di legno come regalo. Praga era dall’altra parte della luna…

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