L’annuncio era stato dato da tempo , ma oggi è realtà: Starbucks apre a Milano il suo negozio anzi no, una vera e propria “roastery”, ovvero torrefazione, in Piazza Cordusio, nel vecchio palazzo delle poste: Segno evidente che crede in un progetto nel quale l’investimento è stato corposo, ma assume un’importanza significativa: aprire nel paese del caffè, che ha ispirato la catena. Qui l’intervista al presidente delle società, nella quale ringrazia l’Italia per l’ispirazione che le ha dato per costruire un impero, sempre più forte ora che è nata l’alleanza con Nestlè, alla quale ha risposto la Coca Cola acquisendo il brand Costa Coffee . Ancora una volta si dimostra come in Italia non manchino i prodotti, la qualità, la sapienza nel lavorare la materia prima, ma non si riesca a sviluppare la parte imprenditoriale di un marchio. Facile quindi il gioco di chi dispone di capitali ingenti, capacità organizzativa, nome affermato per prendere il posto. Succede anche con la pizza, in attesa che il marchio Pizza Hut sbarchi anch’esso in Italia: l’idea è così affermata che negli Stati Uniti, la maggior parte degli abitanti ritiene che la pizza sia nata proprio là. Noi saremo il paese dell’espresso, avremo una capacità di tostatura incredibile, ma nella catena che va dal chicco alla tazzina, non sono poche le variabili che possono rovinare il prodotto, prima fra tutte l’atto finale,ovvero una miscela anche pregiata rovinata da chi la deve lavorare. La professionalità suona come fosse una parola spesso senza senso, negli addetti ai lavori rimane quella presenza di cialtroneria che impedisce di spiccare il volo, e chi ci riesce per valorizzarsi deve andare all’estero. Non ci si può continuare a lamentare se siamo depauperati di tanti marchi del settore alimentare, se siamo diventati il supermercato delle multinazionali: spesso non siamo in grado di gestire ed hanno fatto meglio quegli imprenditori che hanno avuto l’intuizione, hanno costruito l’azienda e poi l’hanno ceduta subito a chi fosse stato in grado di svilupparla. L’arrivo di Starbucks sarà benefico per tutti quei torrefattori che lavorano bene: già il prezzo del caffè a 1,80 fa capire che non esiste un monopolio tariffario e che il prezzo dovrebbe essere diverso se quel caffè lo bevo nella tazzina giusta, preparato con cura, in un ambiente bello, rispetto al bar sporco con personale sguaiato. Sono passati cinque anni da quando feci un pesce d’aprile ben riuscito, sull’apertura di Starbucks a Firenze: dalla fantasia alla realtà il passo è stato breve
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