Lo smart tasting di oggi ha per protagonista l’azienda I Balzini, Barberino Val D’Elsa. Ne discuto con Sabrina Somigli, in separata sede.
Quarant’anni e non sentirli, verrebbe da dire, per un’azienda nata dalla volontà e la passione di Vincenzo d’Isanto, nella vita commercialista ma nel cuore vignaiolo. Non si spiega altrimenti la pervicacia con la quale ha conquistato terreni in un luogo che è nel Chianti, si, ma non per fare Chianti Classico, ma un vino distintivo ed unico, privilegiando vitigni internazionali, come d’uso a quei tempi, per poi affrontare anche il sangiovese, in maniera attenta e discreta.
Nella passione ha coinvolto dapprima la moglie Antonella, che nel 2005 lascia il suo lavoro per dedicarsi al vino, ed oggi vede la figlia Diana dedicarsi a tempo pieno all’attività, sia quella agricola che quella di promozione.

Diana D’Isanto
Il nome I Balzini è la versione Toscana per dire terrazzamenti, ovvero le piccole balze dove alloggiano le vigne, le prime impiantate nei terreni vicino alla casa, insieme a piante di olivo; poi è stato acquisito un altro appezzamento più lontano.
Il nome dei vini, colpisce per essenzialità, e resta impresso proprio grazie alla estrema semplicità della etichetta: in inglese, con il colore che lo caratterizza. E quindi non potrà che essere un PINK LABEL il vino rosato o un RED LABEL un rosso di pronta beva.

Credit: I Balzini
I vini della famiglia d’Isanto, non piacciono solo al pubblico di amatori, ma anche ai personaggi letterari: il commissario Bordelli. protagonista della serie di polizieschi dello scrittore fiorentino Marco Vichi, ama particolarmente i vini de I Balzini, e il podere entra protagonista in uno dei romanzi dello scrittore, con un giallo ambientato “in cantina”.
Quello di oggi potremmo definirlo l’assaggio degli estremi: il Pink Label e quindi il vino dell’immediatezza giovanile e I Balzini 1998, il blend sangiovese merlot antesignano dell’odierno White Label, e quindi l’evoluzione, il vino alla prova dell’età.

Pink Label 2019, sangiovese e merlot.
L: Il colore buccia di cipolla come questo, andrà di moda ma a me, lo ammetto, piace quel rosa confetto, vivido e invitante. Poi che bello dei profumi quando in un rosato sono intensi, dove il lampione e la fragola di bosco vanno a braccetto, e magari si avverte quel tocco floreale che non guasta. Piacevole consistenza nell’ingresso in bocca trova il tempo di allargarsi con quel volume necessario a non far diventare il sorso una bevuta. Gradevole quel ritorno fruttato sul finale gustativo.
S:Vedi che a dispetto del colore ti piace? E poi non ti facevo un amante del rosa shocking stile Marilyn che canta Diamonds are girl’s best friends..quel rosa ammettilo è demodé sia nell’abbigliamento che nel vino, ma che vuoi Romanelli tu inizi ad avere una certa età..
L: se mi permetti, più che demodé un classico, anche nel colore, è qualcosa che non tramonta mai, adatto a tutte le stagioni!
S: Incasso dal Romanelli e procedo. rosa cipolla, elegante e antico. Profuma tanto al naso, dove il merlot fa la sua bella parte con lampone, fragola e rosa, poi anche con erbe aromatiche dal timo limonato al dragoncello. In bocca investe di freschezza citrina quasi dissetante ma poi rivela un bel corpo, nel suo essere pieno senza ricorrere ad alte concentrazioni di alcol. E’ quel rosato che a mio avviso trova la giusta quadra tra spensieratezza e soddisfazione al palato, perché coniuga bene lo slancio fresco sangiovesista con la pienezza rotonda e piacevole del merlot

I Balzini 1998, sangiovese e cabernet. Quello che diventerà il White Label nella attuale collezione.
L: E’ vietato dire che questi sentori di cabernet mi piacciono tanto? Quella freschezza mentolata e balsamica che esce preponderante, dove si uniscono alloro e ginepro. Detta così sembra mi stia preparando a cucinare. In realtà mi piace la nota terrosa, quel tabacco che sembra uscito da una borsa di cuoio..ok sto esagerando e meglio ti dica come in bocca sono stato irruento, ho cercato il sorso immediato quando invece va ripreso con calma. Trama tannica completamente fusa alla componente alcolica, quindi docile inizialmente ma quella spinta acida lo accompagna in una persistenza sorpendente
S: no, non è vietato, diciamo che qui il cabernet meno male che c’è. Nel senso che è colui che resta alla percezione olfattiva e nell’assaggio. Il sangiovese si è come piegato nel corso degli anni credo alla forza dirompente del cabernet. Colore vivo con quel rosso denso e concentrato che conserva ancora quegli aspetti violacei di cabernet. Insomma alla vista si presenta con la giacca abbottonata di tutto punto, Naso che rivela una spezia gentile di pepe nero, ancora delle note erbacee con ricordi di peperone e finale di caffè e sentori tostati propriamente detti. In bocca conserva freschezza, un tannino presente e del tutto levigato dagli anni. Ottimo nel centro bocca, un vino del qui e ora, grande godimento nel sorso, poi scivola via dopo la deglutizione, scomparendo in punta di piedi.
Credit immagine di copertina: I Balzini
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