L’argomento sembra banale ma non lo è affatto, anzi, è un problema che molti cuochi si sono trovati ad affrontare e non si può dire sia di facile soluzione. Il motivo è facile da capire, la presenza continua di cibo sotto gli occhi per la maggior parte della giornata è una tentazione continua, dalla quale è difficile allontanarsi. Le conseguenze nefaste sono quelle che lo stomaco lavora in continuazione, avendo sempre cibo in circolo, creando affaticamento, non solo intestinale. Il cuoco grasso non lavora bene, si muove con difficoltà, ma l’aspetto peggiore è che tende a perdere l’attenzione al gusto. In un lavoro dove il palato riveste un’importanza fondamentale per scoprire le sottili differenze di sapore tra i vari ingredienti, banalizzare l’azione del cibo porta il cuoco ad una spirale assurda che lo porta a peggiorare la situazione. Che fare , dunque? Per chi non è riuscito a fermarsi in tempo, occorre un lavoro di rieducazione alimentare che deve partire dalla testa. Un famoso critico gastronomico statunitense, Frank Bruni, ha messo per iscritto il suo problema di dipendenza dal cibo, riuscendo a risolverlo egregiamente, ma è anche vero che la scelta di chi fa questo mestiere è anche più facile: non sedersi a tavola di un ristorante aiuta, anche se lui spiega come ha fatto a dimagrire continuando a fare il critico. Per il cuoco è diverso: si deve formare una sorta di distacco tra la mente e il palato, tra l’esecuzione del lavoro e il momento del pasto. E’ come se invece di maneggiare carne, patate, pasta o altro, tra le mani avesse bulloni, legno, vetro o altro. In qualche modo il cibo diventa una conquista, ci si riabitua a masticare lentamente e si deve riprendere ad avere soddisfazioni gustative attraverso la riscoperta dei gusti primari. Non è facile, si rischia davvero di cadere in depressione, diventare nervosi, fare uso di sostanze stimolanti se non si lavora per obiettivi: nei casi estremi potrà essere previsto l’intervento allo stomaco, ma nella maggior parte dei casi si dovrà adottare una forte dose di altruismo: sarà bello vedere la soddisfazione nella faccia di un cliente che mangia, non nel dito infilato in bocca dopo averlo tuffato nella salsa. Personalmente mi è capitato a 18 anni di fare una cosa simile: lavorando in cucina in estate, in un mese e mezzo dimagrii cinque chili. Fu una vera liberazione, non tanto dei chili di troppo, che in realtà forse non era così essenziale perdere, ma per aver scoperto un nuovo rapporto con il cibo
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