Un artista che mi ha sempre donato leggerezza e divertimento. Lo racconta bene Elisa Martelli
Roy Lichtenstein nasce a New York nel 1923, studia arte nella Grande Mela, frequenta la Ohio University, viene chiamato alle armi: opo la guerra finisce il dottorato, si dedica all’insegnamento e alla sua carriera artistica. Dagli anni ’50 ed è identificato, assieme all’esplosivo Andy Warhol, con il movimento della Pop Art. Dal 1961 adotta i famosi Ben day dots, puntini che diventeranno la sua cifra stilistica, si tratta di una tecnica di stampa tipografica che combina dei punti per dare un’idea di ombreggiatura ad un’immagine. Celeberrime le sue opere basate sull’immaginario dei fumetti americani, spesso di serie b, ed ispirate alle immagini pubblicitarie: l’artista estrapola delle vignette ingrandendole a dismisura, la retinatura tipica della stampa cartacea è resa sulla tela grazie all’uso di una griglia forata.
Il fumetto è divenuto arte, POP!, Pop Art? Suono onomatopeico, balloon? Lo stile è bidimensionale, tipico del disegno fumettistico, delineato da nette linee di contorno nere, i colori sono accesi, esplosivi applicati con precisione senza sfumature all’interno delle campiture. Se l’artista attinge a piene mani dalla cultura popolare, la rilegge con intelligenza ed ironia creando un’opera diversa da quella d’ispirazione, come egli stesso dice “spesso questa differenza non è grande, ma resta essenziale“.
Nell’opera In the car del 1963 vediamo un uomo al volante che osserva accigliato la donna al suo fianco, bella e biondissima, forse arrabbiata, a giudicare dalle labbra strette e dal fatto che continui a guardare fissa davanti a lei, senza ricambiare lo sguardo dell’altro; la velocità dell’auto rossa, di cui intravediamo parabrezza e volante, è resa con delle strisce orizzontali bianche e nere. Roy ci mostra l’immagine di un’America alla moda (cappotto leopardato e orecchini di perla di lei, capelli blu e mascella squadrata di lui), ma impersonale nella sua tensione melodrammatica. L’illustrazione originale presentava una bolla di pensiero con scritto: “ I vowed to myself I would NOT miss my appointment – That I would NOT go riding with him – Yet before I knew it …”, frase che spiega il silenzio ostile fra i due. La vignetta è stata decontestualizzata, ingigantita per poi essere esposta in una galleria, in una casa privata, in questo caso in un museo come la Scottish National Gallery di Edimburgo. L’artista ha così assegnato un diverso valore alla singola immagine che ingigantita misura quasi 2 x 2 metri e si presta a molteplici interpretazioni.
Nelle sue opere appaiono spesso donne, belle ed infelici, con la maturità artistica inizierà a raffigurare anche nudi di donna –così come fecero tutti i grandi artisti da lui amati, Picasso in primis– opere ispirate dalla sua amante segreta di 45 anni più giovane.
«In quasi mezzo secolo di carriera ho dipinto fumetti e puntini per soli due anni. Possibile che nessuno si sia mai accorto che ho fatto altro?» si lamentava Lichtenstein che nella sua carriera aveva rivisitato anche opere di noti artisti del passato, passando dal cubismo ai fauves e al surrealismo.
Le ultime parole Lichtenstein, che morì di polmonite a 73 anni (1997), furono: “Bene, eccomi qua”, una frase che avrebbe potuto tranquillamente far parte di uno dei suoi fumetti.
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