Guardava il cielo dalla finestra sul tetto della mansarda,  si era svegliata con la luce del mattino e si riteneva fortunata: da quasi un mese si trovava ad Amsterdam e ancora non aveva visto piovere, solo la notte era successo e questo le aveva permesso di accucciarsi più volentieri nel letto. Come decise di alzarsi, si tuffò in doccia, voleva svegliarsi bene, poi avrebbe preso la bicicletta per andare a fare colazione. Le era piaciuto subito adattarsi ai ritmi lenti della città, a parte i ciclisti che andavano a velocità folle, senza nessuna pietà per i malcapitati pedoni. Sotto la doccia però, le riecheggiavano le parole di lui “Semplicemente non ti amo più!”. Una botta non del tutto inaspettata, un’agonia che si stava trascinando da mesi, alla quale aveva reagito scappando, cogliendo l’occasione di farsi tre mesi come “guardiana di casa” fuori dall’Italia. Non che lui potesse darle chissà quali sicurezze: aveva da compiere trent’anni, bello come il sole, depilato, sopracciglio rifatto, era stata forse lei a credere in un rapporto nato durante l’estate, arrivato in letizia fino a Natale e e poi iniziato a cozzare con una realtà difficile. Reggere quindici anni di differenza lo aveva fatto, ma vedeva che lui sembrava talvolta un leone in gabbia: i ritmi erano diversi, per lui la notte non finiva mai,  la voglia di fare pure(anzi, lui non aveva voglia di fare niente), si ritrovavano bene solo a letto e durante i viaggi che si concedevano il fine settimana: essendo lei a pagare sempre tutto, non potevano poi essere così frequenti. Si era illusa, ci aveva creduto, ma forse per lui era stata solo una grande palestra..o viceversa chissà. Mentre si vestiva, con pantaloni gonnati, sandali, una maglietta messa a pelle nuda, maglioncino largo, il foulard e un berretto leggero, pensò che il tempo e la distanza potessero essere utili, ma occorreva tanto tempo per chiudere quella ferita. Prese la bicicletta e iniziò ad andare, aveva preso il ritmo locale e si divertiva a schivare i pedoni urlando a quelli messi sulla pista ciclabile. Non aveva un caffè preferito, li cambiava ogni giorno. Entrò in uno completamente fatto in legno, prese una torta  di mele calda con panna, un caffè americano enorme e e tirò fuori il suo libro “Dimenticare uno stronzo. Il metodo detox in tre settimane” di Federica Bosco: al mattino era nel mood giusto per assorbire i consigli che sperava le fossero utili. Leggeva e il pensiero le partiva ai quadri di Van Gogh, un museo che era andata a visitare già due volte, che l’aveva presa nell’anima, Ancora estasiata dal pensiero della visione dei quadri , fu distratta quando  vide entrare un uomo, più grande di lei, capello corto, classici lineamenti nordici. Bello ma non algido, vestito casual, zainetto ed occhi grigi: si era tolto gli occhiali da sole appena entrato, gesto che lei aveva apprezzato, abituata ad un tamarro che si teneva occhiali e cappello anche al ristorante. Prese posto  a sedere al suo tavolo, che era quello comunitario, a metà, mentre lei sceglieva sempre la parte in angolo. Ordinò cappuccino e croissant, e lei si era persa un po’ ad osservarlo: le piaceva la sua gestualità posata, quel viso quasi sorridente, insomma aveva fascino. Tirò fuori dallo zaino un libro, lei osservò meglio per vedere il titolo “Io sono Charlotte Simmons” di Tom Wolfe..era in italiano! E trattava di argomenti simili al suo ma visto dall’altro lato. Cominciò mise a ridere, lui la guardò interrogativo e lei non poté fare e meno di presentarsi: “Ciao sono Emma. Scusa, ti pensavo svedese,  ma quando ho visto il libro non mi sono trattenuta!” e mostrò la copertina del suo. Lui aprì la bocca in un sorriso attrattivo e le disse. “Ma se li mettessimo da parte mentre facciamo colazione e parliamo?”. Le parve davvero una bellissima idea

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