A chi naviga con regolarità sul web, non sarà sfuggita l’ultima polemica riguardante la qualità della pizza di Franco Pepe servita da Princi, a Milano, con sede vicino ad Eataly: ne parla qui Valerio M.Visintin, poi lo riprende argomentando in vario modo Vincenzo Pagano, ci mette il carico da novanta Sara Porro, poi scoppia la polemica anche su Facebook e riassume la questione con un articolo equilibrato Fabrizio Roych. Non posso entrare nel merito della questione non avendola assaggiata, rifletto però su quanto è cresciuto il fenomeno pizza nel corso di quarant’anni, da street food a cibo democratico che ha visto proporre con il suddetto nome tutto e il contrario di tutto. Quando scoppia il fenomeno pizzeria, in Italia, si butta a capofitto l’industria birraria, creando un abbinamento che è diventato un classico ma che oggi qualcuno comincia a mettere in discussione, accusando il legame di creare digestioni non certo gradevoli. Poi si sviluppa l’idea che la si possa fare in casa, con i preparati già pronti, comprensivi di lievito e pelati, con la sola mancanza della mozzarella, e si abituano così le persone a mangiare un succedaneo della pizza originale. Da qui nasce una crisi d’identità: cosa s’intende per pizza? Se andiamo negli USA si mangia un prodotto completamente diverso, qui le interpretazioni sono innumerevoli. Provando a stabilire dei capisaldi della moderna concezione secondo qualità: tipologia di farina, acqua, lievito madre, pomodori non acquosi, basilico profumato, forno a legna, olio solo in uscita, fiordilatte e non mozzarella di bufala. Manca qualcosa? Beh, la pizza deve essere tirata a mano, con lievitazione lunghissima naturale senza spinte artificiali, con il cordone alto ma non gommoso. Stabilito questo, ci si accorge però che così propinata ci saranno migliaia di persone che non la mangeranno. Chi la vuole sottilissima e croccante, addirittura senza lievito trasformandola in semplice focaccia, chi la preferisce cotta nel forno elettrico perché non ama l’aroma di legno, chi invece vuole solo la bufala invece del fiordilatte..ma anche tra i pizzaioli gourmet bisogna capirsi..tradizione e quindi semplicità o ingredienti dei più inverosimili? In campo gastronomico fare una sorta di disciplinare è tempo perso, sembra quasi che poi ci si diverta a cambiare, cosa che non accade con i cocktail, tanto per capirsi, uguali a se stessi da Singapore a New York, passando per Vienna o Città del Capo. Ma la pizza rimane, ad oggi, l’unico cibo che viene mangiato veramente da tutti, vegani, vegetariani, carnivori, celiaci(con opportune modifiche, ovviamente), bambini, adulti, vecchi, giovani rampanti e giovani spiantati… Ma provare a organizzare un corso di degustazione di pizza? Tanto per capire l’effetto che fa e mettersi d’accordo tutti sugli elementi fondamentali! Credits meteoweb.eu
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