Prima che iniziasse a scrivere libri di ricette e non solo, Fabio mi chiamò al Teatro del Sale per iniziare insieme a mettere in ordine una serie di concetti legati alla cucina e le ricette che aveva in mente, senza che dovesse essere un vero ricettario ma un compendio di consigli e aiuti per chi volesse cimentarsi in cucina. Doveva essere anche una sorte di manifesto per i giovani cuochi che si avviano alla professione, lui che aveva un’idea della cucina ben diversa dagli chef “di moda” ( gli altri li chiamava chef, lui nemmeno per sogno e fa sorridere quando oggi qualcuno ti ha definito chef-intellettuale…). Alcuni di queste frasi e delle ricette si trovano nei libri da lui scritti, ma qui mi piace far vedere , da una raccolta di appunti, quanto fosse diverso il suo modo di raccontare la gastronomia .
SUL LIBRO
CAPPELLO INIZIALE
Chi vuole un ricettario compri il libro delle ricette dell’Artusi, o la cucina regionale italiana scritta da Veronelli e Carnacina. Questo deve rappresentare uno strumento, una sorta di diario di bordo. Partiamo infatti dal presupposto che le persone capiscono e conoscono già la cucina! Lo scopo da perseguire è quello di “comunicare” fornendo gli strumenti utili per viaggiare, accompagnati dalla propria memoria e dalla nostra, avventurandosi in un territorio esaltante in cui l’entusiasmo arriva grazie alla scoperta dell’assemblaggio alchemico di profumi e sapori
INDICAZIONI
Libro “tecnologico”, non nel senso futuribile del termine, ma piuttosto legato alle tecniche da adottare in cucina con i piatti di tutti i giorni. Questi consigli sono da alternare a pagine bianche, da titolare con un argomento, affinché il libro diventi un oggetto “personale”. Qualcosa di molto divertente, del tipo “Mi sono emozionato mangiando…” oppure “Quella sera mi sono innamorato gustando…”. Da pensare, in questo caso, a soluzioni tecniche, modello cartine da infilare in tasche del libro. E’ la sezione nella quale devono ricadere tutte le cose abitualmente non dette nelle ricette (il colore del soffritto, la consistenza dello sformato, ecc.)
BAGAGLI
O meglio ancora, le “valigie”, non in termine gastronomico, però. Si tratta di piatti lasciati in “sospeso”, ma che ci si continua a portar dietro. Incontrati nel corso di un viaggio, mangiati inaspettatamente una sera a cena e mai riproposti, o cucinati dopo molti anni, durante i quali la memoria ha giocato i suoi scherzi. Si può passare dall’incontro con il cuoco cinese, alla zuppa Paradiso, fatta con il pane e il formaggio, dal polpettone con ricotta alla bistecca di tonno.
RICETTE
MINESTRA PIAZZESI
Mi fu insegnata nel 1979. Un vecchio meccanico che lavorava con mio padre, Sergio Piazzesi, mi parlò di questo minestrone di verdura, al quale lui aggiungeva del lesso tritato e delle salsicce messe in bollitura. Come unica variante, ho messo le croste di parmigiano, sempre in bollitura. Soffritto classicissimo, color rame bronzato, manciata d’aglio per fargli sentire solo il calore, e poi brodo vegetale, verdure tante:porro, carote, cipolle, un po’ di cavolo, un po’ di cavolo nero, patate, fagioli, fagiolini, eviterei le zucchine. In bollitura si aggiunge manciate di lesso e salsicce in bollitura. Antinfluenzale.
POLPO LESSO
Si inzuppa violentemente con una forchetta dentro l’acqua che bolle una, due, tre volte:il polpo si è arricciato, si fa freddare, si fa ribollire l’acqua, si reimmerge e così via. Dopo tre immersioni, si arriccia il polpo e la pelle diventa pentola del polpo. Si mette definitivamente nell’acqua, la si abbassa e si fa cuocere per venti minuti. Con il sughero? E’ una puttanata! Si spegne e si lascia nell’acqua in calore per circa un’ora. Il sale si mette a questo punto, poi peperoncino nell’acqua di cottura iniziale. Il risultato è quello di un polpo crocchioso e morbido. Si taglia a pezzetti e si inizia a condire. Di solito in estate, appena pescato, lo faccio così :tanto limone, tanto aglio, tanto prezzemolo, tanto basilico. (insieme? si perché? Se c’è il prezzemolo, non ci metti il basilico! Chi te l’ha detto? Per quale motivo? La mi’nonna lo ha sempre fatto! Il prezzemolo è forte di aroma, e forma una base. Il basilico è molto più volatile. Il prezzemolo lo triti finemente, il basilico deve mantenere la profumazione). Poi ancora pepe, olio, a questo punto, se c’è maggiorana molto profumata, la si aggiunge, anche due pomodorini, ma se proprio siete ispirati.
PASSATELLI IN BRODO
Non vivendo in Emilia Romagna, abbiamo il problema del pangrattato. Mai usare quello di pane toscano o quello industriale, troppo pesante. va trovato un pangrattato loro, anche industriale ma leggero. cosa vuol dire leggero? Non lo so! Ci son dei pangrattati che affondano (pesanti) e altri che galleggiano (leggeri). La regola dice:50% pangratttao e 50% Parmigiano. Noi facciamo con il 60% di Parmigiano. E’ una questione di mano:o ce l’avete,oppure è un problema! E’ anche questione di amore, lo dovete amare il passatello, mentre lo fate dovete pensare di essere lì a mangiarlo. Ci si aggiunge,a godimento personale, scorza di limone, che ha anche funzione digestiva (c’è tanto, pane, parmigiano, uova, brodo di carne!) e poi ancora, abbondante pepe, per stimolarvi le funzioni epatiche. Noce moscata ed impastare il tutto, uova: 2 manciate di parmigiano, 2 di pangrattato, un uovo. una volta fatto va fatto riposare per 2 ore. Vi comprate il passapassatelli. Grandissima qualità del brodo:poche ossa e tante ciccia, di molte varietà. Non può mancare l’osso di piccione, mezza gallina, magro, zampa di vitello, tante verdure, tanto prezzemolo, vino. Cipolla bruciata essenziale, altrimenti viene uno sciacquettone. Bruciato non è magia:è ricreare una condizione che nelle minestre si crea con il soffritto. le cipolle si bruciano sul fuoco, in forno
PS La foto di copertina e quella in cui lui è in mezzo ai cuochi di Firenze nella prima notte nella quale li ho radunati sono di Gilberto Bertini
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