Iniziano i primi caldi ed ecco che sarebbe il momento di ricominciare a proporre in tavola la pappa al pomodoro, piatto reso famoso da Gianburrasca: classico esempio di cucina di recupero, dove il pane avanzato viene fatto cuocere insieme ad una sorta di salsa di pomodoro, con l’aiuto di brodo o acqua. La pappa si forma con la cottura, diventando una sorta di crema densa, da accompagnare poi con un filo di olio extravergine di oliva versato in superficie. La versione più hard prevede solo l’aglio soffritto nell’olio, la normale anche la cipolla, la particolare il porro, l’estiva le cipolline fresche. Bandito il peperoncino, anche se oggi è diventato di moda utilizzarlo, sopportato il pepe, ma senza grandi slanci. Nel passato, se si doveva aspettare la maturazione del pomodoro costoluto fiorentino e del basilico in Toscana, fino all’estate non si mangiava: oggi che la si fa con i pelati, rinforzati dal concentrato la si mangia tutto l’anno, con buona pace di chi pensa che i piatti debbano essere stagionali. L’alternanza con la ribollita non viene più fatta, quello che è peggio che le si trovano in abbinata anche ad agosto, ma un turista che viene a Firenze le vuole mangiare e quindi..Nuova vita della pappa è quella che la vede protagonista di ripieni come ravioli e tortelli, o servita con frutti di mare o anche con il tartufo. C’è da scandalizzarsi? Non sempre..Fa parte del cosiddetto “comfort food”, disponibile anche in barattolo di vetro per esigenza subitanee notturne, continua ad essere una specialità locale, difficilmente esportata dove non arriva il pane toscano..il bello è che c’è chi la mangia con il pane…de gustibus! Ultima frotniere quella dei cocktail, dove la si serve nei bicchierini perché facile da maneggiare, magari con delle verdure fresche, a mimare un improbabile pinzimonio..siamo in attesa di vederla nella versione crocchetta fritta!
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