Frega un razzo alle persone di sapere cosa abbiamo bevuto in questi giorni, ma per noi il vino è tanto più bello se se condiviso; se a godere siamo in tanti l’effetto è amplificatorio. Quindi  
noi stappiamo e condividiamo a prescindere dalla vastità del gran caso che vi possa interessare. E’ il nostro di volervi bene.

Monsupello Blanc de Blancs VSQ Metodo Classico Extra Brut

L’Oltrepò Pavese è famoso più per il pinot nero (
vedi qui) che per lo chardonnay, e Monsupello è in assoluto l’azienda che bevo di più, complice la facile reperibilità in città, la qualità delle bollicine e un prezzo molto appetibile. Tuttavia il blanc de blancs non lo avevo
mai assaggiato. Me lo propone un amico che lavora nel settore insieme ad una batteria di champagne in una serata “formativa”. Al di là del paragone coi francesi, è la bolla che mi ricordo di più della serata. Il fattore sorpresa
e stupore ha fatto il suo effetto. Sapido e cremoso, sa di lemon curd che è una roba golosissima, e combina l’agrume con i toni di evoluzione della pasticceria secca, enfatizzata da quel 40% di vino di riserva affinato in barrique.
50 mesi sui lieviti, spesi bene! Si trova on line sui 40€, una chicca un po’ più costosa rispetto alle altre bollicine da pinot nero dell’azienda. Bere subito, ma che ve lo dico a fare

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Pecorino Irata 2014 Clara Marcelli -Offida DOCG

Questa è una rarità, vedi annata, quindi capisco la domanda che vi ponete…che ce lo scrivi a fare se poi non si trova? On line si trovano annate più recenti a prezzi super accessibili, allora ecco la giochessa da fare, acquistarne
subito 2 bottiglie: una la bevete all’istante e l’altra ve la dimenticate in cantina per qualche anno. Io procedo, poi ne riparliamo. Ce lo portano bendato in enoteca e a noi provare a chiapparci qualcosa. Allora nell’ordine sono
stati detti: Derthona timorasso,  Soave vecchio, fiano di qualche anno, trebbiano d’Abruzzo. Nessuno ci ha preso, ma c’è un fil rouge in questi vini (con trebbiano border line): ci sono la consistenza quasi oleosa al sorso e
le note idrocarburiche al naso. Questo per dare una idea dell’essenza di questo pecorino incredibile, dalla texture quasi waxy, il corpo di un vino marchigiano e il profumo accennato di cherosene dato dalla lunga sosta in bottiglia.
Non mancano la mandorla sul finale e forti note iodate. A confondere le idee, al naso si avvertono dei sentori vegetali, di fieno tagliato che sviano la degustazione verso ipotesi anche bislacche. On line a 15€.

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Saumur Domaine Guiberteau 2020

Quando a cena siete in due, autunno pieno, e non volete cadere sui soliti nebbiolo, sangiovese e nerello. Quali altri rossi autunnali si possono affrontare per non lasciare a mezzo la bottiglia, dopo aver già dato con una bolla magari
o un bianco? La Loira ci viene in soccorso con dei buonissimi cabernet franc dallo stile glou glou. Freschi, erbacei al punto giusto, riconoscibili e a 12.5% di gradazione. L’ho portato bendato, ma era come bendare un fiasco, s’è
riconosciuto subito e s’è goduto discretamente. Decisamente more than a feeling, col cab. Preso con gruppo di acquisto a 23€.

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Franciacorta Padron & C. 008 Brut, Azienda Carla Vittoria

Proprio buono questo Franciacorta di respiro tanto francese, se non fosse per il nome complicato, e poco immediato. Peccato, perché l’etichetta è molto raffinata. Pochissime le informazioni disponibili su prodotto e azienda; googlando
però, lo trovo nelle carte dei ristoranti stellati, cosmici e antani, il che avvalora la mia modesta tesi che sia in effetti molto buono.  E’ un blend di chardonnay e pinot nero molto equilibrato, un sorso signorile. Signorile,
quanto mi piace questo aggettivo, insito nel gusto, o meglio nel buon gusto. Al sorso è classico nello sviluppo, bel corpo, sostenuto da un corretto dosaggio, frutta gialla presente ma senza eccessi, la frutta secca che tanto adoro
e un finale che non si slarga sulla facile pasticceria tentatrice, ma resta “in bolla” grazie a una sapidità accennata. E’ come quel pizzico di sale nei dolci che esalta gli aromi e previene ogni stucchevolezza. Produzione piccolissima: il binomio buono ma poco colpisce ancora.

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Giuseppe Cortese Barbaresco 2019

Bomba a mano. Il vino del non ritorno. One way ticket to hell. E’ talmente buono che non se ne esce, cattura lui l’attenzione, il colore brilla e ipnotizza, non fai che ritornare sul bicchiere col naso, come nella ricerca ossessiva
di un altro profumo. E mi ci sono fissata talmente che non me ne ricordo uno adesso, se non quelli intuitivi e onnipresenti. Ah sì, la menta e il lampone. Il sorso è setoso per quanto possa esserlo un giovane nebbiolo di razza cresciuto
nel Rabajà, ma è intenso e avvolgente. Un vino che ammutolisce. E la descrizione è in sintonia. Sui 50€ al ristorante

     

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