A volte sarebbe meglio vivere di soli ricordi, anche gastronomicamente parlando; certe esperienze si possono ripetere, altre rimarranno uniche e sarà una delusione cocente cercare di riviverle. L’osteria La Befa rappresentava l’ideale di trattoria tipica: distante da tutto, nel centro di un borgo di poche case, svolgeva il ruolo di ritrovo per gli abitanti della frazione, che ci venivano a bere il caffè, ma anche a comprare qualcosa per casa e, nel passato, era il contatto con l’esterno per la presenza della cabina telefonica all’interno del locale. Per i buongustai, poi, era una tappa fissa per venire a mangiare piatti di selvaggina: tanti chilometri in strade sterrate ripagati da una cucina semplice e gustosa. Oggi si respira aria di decadenza: la gestione è sempre la stessa ma forse la stanchezza ha preso il sopravvento.Si entra in quello che era il bar, ma le vetrine sono vuote, poche bottiglie alle pareti. Da lì si accede ad una saletta, che in inverno si riscalda a fatica; l’altra comunicante, non è nemmeno apparecchiata. Gli affettati dell’antipasto sono ordinari, le tagliatelle al ragù molto untuose, buoni i fegatelli al forno, gradevole la faraona arrosto. Le patate fritte sono fatte al momento, fresche, e già questo non è poco. Volendo si possono chiedere i pici, ma altra scelta non c’è. Il vino è solo lo sfuso della casa, ma meglio evitare. In estate si mangia all’esterno, e da lì si gode di un panorama rasserenante. Il caffè esce con fatica dalla macchina espresso, e si ha il tempo di osservare le foto alle pareti, quando il locale era meta di gruppi, con persone dallo sguardo espressivo, di chi è satollo ma felice. Due piatti e il caffè, 18 euro. Ideale per nostalgici sognatori.
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