Da quando mi occupo di enogastronomia militante, ovvero, scrivo di ristoranti ed è passato almeno un ventennio, non avevo mai vissuto un momento così frenetico e vitale in campo ristorativo a Firenze. Chiaro che ho vissuto gli anni Ottanta un po’ di sfuggita, erano giovane per frequentare ristoranti “veri”, mi ricordo che le pizzerie che frequentavo erano i luoghi di aggregazione giovanili, prima dei locali da apericene (per fortuna!): i Tarocchi aprirono nel 1979 e sono ancora lì, con la stessa famiglia a gestire il locale: erano gli anni delle penne alla Braccio di Ferro, il risotto al Contessa Rosa(marca di spumante dell’epoca), ovviamente quelle al salmone..tirava molto anche il Danny Rock in via de’Pandolfini, lo Yellow Bar in via del Proconsolo ed aprì una pizzeria che fece il botto, in senso positivo: il Pit Stop, che introdusse la moda del numero sconsiderato di pizze e primi da scegliere. Era comunque facile vedere e ricordare quali erano i luoghi del cibo, mentre oggi, pur facendolo di lavoro, stare dietro alle nuove aperture sta diventando quasi complicato. Magari si può distinguere tra mangifici e posti che hanno un progetto di cucina interessante e particolare. Facciamo il punto partendo dalla ristorazione d’albergo: qui si sono giocate negli ultimi anni le carte per elevare la qualità, grazie ad investmenti poderosi, che hanno fatto di Firenze una città stimolante. Il Four Seasons conferma la sua attitudine ad essere luogo accogliente per i fiorentini, grazie al bar, all’apertura della trattoria nel giardino, ad un bar che funziona in maniera egregia, allo chef Vito Mollica, che pur essendo diviso con Milano, ha impostato con attenzione il lavoro in città: Peter Brunel, forte della conquista della stella, sta ben operando al BSJ, del gruppo Ferragamo, malgrado il cambio del management che lo aveva seguito nel progetto iniziale. Grande successo di pubblico, meno di critica per il Savoy, che con Irene non è riuscito a convincere ilgrande pubblico, se non quello dei tursiti, a frequentarlo con regolarità. Nel gruppo Westin, continua regolare la marcia di Valeria Piccini al St.Regis, mentre deve mostrare le sue carte ora che si apre anche la terrazza Matteo Lorenzini, chef del SeSto on Arno, che si è messo in gioco lasciando in maniera brusca il ruolo di responsabile del ristorante gastronomico al Mandarin di Milano, pur di vincere la scommessa fiorentina. Cresce in silenzio Alessandro Liberatore di Villa Cora, ma anche per lui sarà importante l’arrivo della bella stagione, per l’arrivo di pubblico curioso. Per quanto riguarda la ristorazione classica. il numero di locali di nuova apertura sta aumentando a dismisura: cresce l’attesa per la nuova creatura di Simone Cipriani, Essenziale, ma sarà un appuntamento che vedrà la luce dopo l’estate. Intanto Gabriele Andreoni, da gennaio al Santo Graal, sembra aver trovato la sua dimensione per esprimersi appieno. “Aspettando il Convivium” potrebbe essere il titolo di un libro, visto che l’attesa era molta quando fu rilevato da Giacomo Corti, titolare del Cestello Ristoclub, che è una sicurezza per gli amanti del pesce e de “Il Locale” di via delle Seggiole, strepitosa location, ottimo per aperitivo e dopo cena, con una proposta culinaria da mettere a punto in via definitiva. Ottima prova per il Gurdulù, con Entiana Osmenzeza che ha trovato una dimensione adatta per far gustare una grande cucina in un luogo casual ma elegante, mentre sono attesi ad una conferma definitiva Filippo Saporito, a La Leggenda dei Frati e Daniele Pescatore a Da Pescatore . Da quando ha lasciato la presidenza degli JRE, Marco Stabile sembra aver ritrovato linfa vitale che infonde al suo risorante Ora d’Aria. l pesce sembra essere diventato il leit motiv delle nuove aperture: Vivo, succursale del ristorante di Capalbio, aprirà i battenti tra poco, vicino al rinnovato Pingusto, all you can eat di piazza Annigoni, e Santarpia, la pizzeria che porta il nome di Giovanni, il pizzaiolo calato da San Donato in Poggio, dal successo crescente e quasi imbarazzante, visto che sono ancora numerosi gli avventori che rimangono fuori. Sempre sul pesce punta Alessio Morelli, che ripropone Artegaia sulle colline di Scandicci, nei locali che danzarono per una sola stagione per il ristorante Fico e che rappresentano l’occasione di rinascita per Alessio dopo una serie di esperienze non brillantissime. Lo Sweet Bar di via Giampaolo Orsini si propone ora come bistrot del pesce con angolo pescheria dove scegliere cosa mangiare. Uno dei successi dell’ultimo anno è indubbiamente quello de La Menagère, un concept store con proposta gastronomica di alto livello, mentre è alta la curiosità per l’apertura, sempre in via Giampaolo Orsini, del cinese Fulin, che tenta la strada della qualità in un settore . Sempre nel settore bistrot, cresce nel pubblico l’apprezzamento del Tuscan Bistrot di Ferruccio Ferragamo, e piace la proposta di Beatrice Segoni al Konnubio in via de’Conti. Verrebbe da chiedersi quindi cosa c’è che non va o cosa si potrebbe ancora proporre in città: manca forse la trattoria gradevole , da proposta culinaria invitante ma legata al territorio; mancano i ristoranti vegani, a parte Silvana in via de’Neri, in altri posti mangiare è imbarazzante. Per quanto concerne gli wine bar, si ristruttura e sembra avere buon seguito l’Enoteca Fiorentina di via Pietrapiana, dove la proposta al bicchiere diventa sempre più valida. In un prossimo articolo, i ristoranti fuori porta e i ristoranti storici che ancora riscuotono successo, un esempio da seguire per i giovani ristoratori, poiché la difficoltà non è aprire ma resistere a lungo. In questo caso l’appuntamento è tra un anno per capire chi c’è e chi non c’è!
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