TESTO DI ELISA MARTELLI
“Mi conoscono anche quelli che non mi conoscono, quindi inventate quello che volete”, così inizia una delle biografie sulla vita di Mario Schifano, nato a Homs in Libia nel 1934, figlio di un archeologo del Museo Etrusco di Villa Giulia, a Roma.
Durante la guerra la sua famiglia si ritrova negli studi di Cinecittà, divenuti dei campi profughi. Mario non ama studiare e non finisce neppure le scuole medie, alla maggiore età inizia a lavorare al museo dove il padre operava come restauratore ed archeologo. Ha tre passioni: la pittura, le donne e il ciclismo, e presto attira l’attenzione della critica coi suoi quadri monocromi, a cui seguiranno lettere, numeri, segnali stradali, il marchio della Esso e immagini-simbolo come quella della Coca Cola. Negli anni dipingerà grandi tele con smalti ed acrilici, disegnerà per due volte la maglia gialla del Tour de France, creerà filmati avanguardistici, fonderà un gruppo musicale, verrà arrestato ripetutamente per consumo e detenzione di stupefacenti per poi finire in un manicomio e tentare il suicidio. Numerosi i suoi viaggi all’estero, a New York collaborerà con la grande gallerista Ileana Sonnabend e conoscerà Warhol, in effetti molti lo considerano il suo erede italiano, sebbene l’artista non amasse essere inquadrato in alcuna corrente: “Ho fatto i miei lavori contemporaneamente, e non successivamente, alla pop art. La pop art la facevano loro e la imponevano, quasi come un fatto politico”, dichiara Schifano.
Morirà d’infarto nel 1998 poco più che sessantenne, dopo un’esistenza di eccessi, socialità e grande generosità. Achille Bonito Oliva, citando Osvaldo Licini , a ragione, “eretico erotico erratico”.
L’opera Il parto numeroso della moglie del collezionista è dipinta su smalto e acrilico su tela ed appartiene ad una collezione privata. Non abbiamo molte informazioni su questa tela, ma è stata dipinta nel 1984, l’anno seguente Schifano scoprirà la gioia della paternità col piccolo Marco, avuto dalla sua giovane e amata compagna Monica De Bei. Ecco che dall’inizio degli anni ‘80 l’artista ritrova gioia di vivere e freschezza creativa, evidente nella potenza del colore qui steso con pennellate vigorose.
Il Cosmo e gli elementi è la tela scenica realizzata nel 1991 per lo spettacolo di teatro-danza Due Madri (tratta dall’omonima novella di Miguel de Unamuno) con la regia di Patrick Latronica. Si tratta di un’opera eccezionale: un grande dipinto circolare con un diametro di 7 metri che rappresenta una spirale colorata in movimento, il titolo rimanda al cosmo e alle sue forze primigenie, è come se terra e cielo fossero stati riportati sullo stesso piano per trovare una sintesi. Se inizialmente l’idea era quella di creare un fondale per lo spettacolo, in seguito Schifano decide di creare qualcosa con cui le ballerine potessero interagire, ballandovi sopra, non solo, la tela riporta anche le impronte dei loro piedi, orme dorate che ricordano l’ambizione dell’uomo all’eterno. Tutto accadeva in modo immediato con Schifano, il gesto stesso era il pensiero, l’idea, più complessa la realizzazione di una tela così ampia e del supporto, una pedana inclinata sulla quale dovevano poter andare in scena fino a 5 interpreti contemporaneamente per molte repliche.
L’opera è stata messa in vendita pochi mesi fa, per non interrompere l’attività della compagnia MDA Produzioni Danza messa in crisi dalla pandemia, il tutto con delle performance che facessero ballare un’ultima volta il Cosmo ora recluso.
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