Il crollo del Muro di Berlino è stato ben poca cosa,  quanto a distruzione di certezze ataviche, rispetto a ciò che provocò l’uscita sul mercato della margarina. Nata in Francia, con il preciso scopo di fornire materia grassa a basso prezzo, accessibile anche alle popolazioni meno abbienti,  riuscì poco a poco a salire i gradini della considerazione sociale, fino a sfidare, da pari a pari, il re dei grassi: il burro.

margarina

Popolazioni cresciute nel culto dell’olio extravergine di oliva, dello strutto, e del suddetto burro, videro messe in crisi tradizioni secolari a causa di panetti bianchicci, dalla consistenza dubbia, che si presentavano sfacciatamente come la nuova via del mangiar sano. Forte del suo essere preparata solo con grassi vegetali, soppiantò l’uso degli altri condimenti perché ritenuta più leggera e priva di colesterolo. Qualche buontempone, adirato dalla sua presenza, si prese la briga di leggere i suoi componenti, ed esultò quando, in alcune versioni, trovò come ingrediente il grasso di balena. Ed ecco che iniziò inesorabile il declino per colei che era stata considerata l’artefice del successo di torte, besciamelle e arrosti di ogni genere. Dai fasti della fetta di pane, margarina e marmellata, data ai bambini perché crescessero sani e forti, si è trovata improvvisamente relegata al ruolo di comprimaria, impiegata in versione “extra” solo nelle pasticcerie di minor prestigio.

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Se Bernardo Bertolucci per “Ultimo tango a Parigi” ha scelto, per la scena cult tra Marlon Brando e Maria Schneider, il burro, un motivo ci sarà. Io non trovo ragioni per impiegarla in nessun piatto.

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