Quando ho deciso di passare dall’altra parte della barricata, da cuoco a critico, l’ho fatto perchè, in cuor mio, era un mestiere che amavo svolgere sin da piccolo. Avvicinandomi alla professione, l’ho fatto con la maggiore umiltà possibile:corsi di degustazione sul vino, seminari sul cibo, formazione continua grazie anche al lavoro di insegnante di scuola alberghiera. Prima di scrivere una critica penso sempre al lavoro che deve svolgere una persona( e quello del ristoratore è massacrante), penso agli investimenti fatti dai produttori di vino, insomma giudico cercando di essere informato e preparato. Troppo spesso trovo persone che si affacciano da poco a questa professione e che si atteggiano in maniera sfacciata al lavoro. Qualche esempio? Cena durante una manifestazione vinicola in Toscana. Al tavolo con dei colleghi, uno urla a voce alta:”Basta Ornellaia, ne ho bevuto sin troppo, mi è venuto a noia!” Ed il mio pensiero vola a quegli appassionati che per bere una volta l’Ornellaia si sono dovuti mettere da parte i soldi a lungo. Oppure, i racconti di pranzi ai ristoranti dove emerge la fortuna di essere al desco con lo chef ed il patron, serviti e riveriti come non mai, senza entrare nel merito nella notizia. Ora, o faccio il cirtico e giudico e fornisco informazioni al lettore, altrimenti, a chi interessa la mia cena tra amici? Così come il vino:belle le scoperte, le segnalazioni di nuovi produttori ma se giudico uno Chateau Margaux lo faccio quando reputo che il momento sia arrivato, non per far sbavare gli appassionati! Sbaglio?

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