L’età avanza e lo si nota da tanti piccoli particolari:non parlo del capello bianco, ne’ dei dolori articolari, ma nemmeno del respiro affannoso dopo le scale. Per uno che di mestiere mangia e beve, il segnale più eclatante è stato l’abbandono del distillato dopo pranzo. Finiti i bei tempi dell’ Armagnac o del Calvados, abbandonati i fasti degli whiskies torbati, meri ricordi quelli dei rhum con i cioccolatini: la nuova frontiera, oggi, è quella dell’Amaro. Ieri, lanciando un piccolo sondaggio su Facebook , ho trovato un sacco di consigli: se devo confessare una perversione è quella di aver apprezzato..ehm, ingollato l’Amaro Montenegro ma sto migliorando non poco. Fra i più gettonati, tra quelli consigliati, c’è l’Amaro del Capo, proveniente dalla Calabria e devo dire che, bevuto ghiacciato, ha il suo perché; molti fan anche dell’Amaro Braulio, valtellinese che mi ricorda i tempi di Tangentopoli: uno dei giudici apparteneva alla famiglia proprietaria dell’amaro! Mi hanno fatto quasi commuovere i ricordi del Brancamenta, del Centerba, del Ramazzotti e dell’Unicum, degli imperdibili degli anni Settanta, mentre mi hanno stupito in positivo i consigli su prodotti a me sconosciuti, cito in ordine sparso: China Clementi di Fivizzano, China di Santa Maria Novella(questa sì la conoscevo!), Chynos: Barbaresco Chinato con Quasso, Cardamomo, Camomilla, Genziana, ginepro, Fava Tonca, “Taneda” di Carlo Ericini, un liquore digestivo ottenuto dall’ infusione dei fiori di Achillea Muscata, raccolti sotto allo Stelvio, oltre i 2000 metri. E poi ancora l’Amaro Nonino, quello di Bonaventura Maschio, gli innumerevoli preparati dei monaci..mi verrebbe voglia di fare un censimento! Inauguro la degustazione di amari quindi, chi ha problemi di digestione, si candidi a farmi compagnia!
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