Aveva preso l’abitudine di concedersi una pausa dal lavoro in pasticceria alle 4 del pomeriggio, prima dell’invasione dei bambini delle scuole, lontano dalla confusione canonica dell’ora di pranzo, per riprendere energie e caricarsi fino all’ora di cena, in maniera da avere sufficiente fame. Dopo un periodo poco felice, il lavoro che aveva trovato le piaceva molto e quindi, come sempre, ci si dedicava anima e corpo. Era una routine anomala, ovvero nello studio era completamente creativa e fiori dagli schemi, ma in quel periodo lì doveva stare ed aveva così preso abitudini quotidiane: poi magari partiva e stava via per un mese, ma era logico nel suo lavoro creativo di organizzatrice di eventi. Trovava sempre, a quell’ora, una bella signora, che era seduta ad un tavolo a mangiare un dolce e bere il tè, mentre leggeva un libro: talvolta accompagnata da un’amica, mai con un uomo. Si divertiva a ordinare il dolce che lei aveva preso il giorno prima: erano buongustaie ordinate e metodiche, nel corso del tempo tutta la produzione della pasticceria era stata esplorata. Dopo un mese, di sguardi e sorrisi, finalmente sedettero accanto, e iniziarono a parlare in maniera fluente quasi avessero da sempre cose da dirsi a lungo taciute inutilmente. Cominciò a capire chi fosse quella signora bella, dallo sguardo intenso appena velato, vestita e truccata ogni giorno con cura, non certo demodée: vedova del secondo marito, dopo che il primo come unica cosa positiva le aveva lasciato due figlie, era in “pensione attiva” ovvero non lavorava, ma si occupava di tante cose, anche di volontariato, certo, ma non certo come elemento fondamentale. Tanti interessi legati all’arte e alla musica, ma non come vezzo: quando parlava di Surrealismo, di Cubismo, di Arte Povera, si capiva che conosceva bene l’argomento e alcuni degli artisti più famosi avevano varcato anche la soglia di casa sua. Iniziò una sorta di appuntamento piacevole nel quale raccontare tanti aspetti della propria vita: lei aveva voglia di confrontarsi con una donna che non fosse amica o madre, ma della quale si poteva fidare, mentre l’altra si capiva come avesse trovato in lei una sorta di figlia. Di fronte ad un Saint Honoré, dolce che non mangiava fin da quando era ancora alle elementari, ed un té cinese dei più intensi e avvolgenti che avesse provato, si decise a  raccontare di come fosse riuscita a recuperare la sua storia, lunga  dieci anni,  che rischiava di perdersi, per distrazioni di entrambi in tempi alternati, ma come si chiedesse quale potesse essere il segreto di una lunga durata. La signora l’ascoltò con attenzione, poi prese un biscotto al burro, lo assaporò a lungo e guardandola negli occhi la stupì con un’affermazione decisa “La grande intesa sessuale. Non con il padre dei miei figli  ma con il compagno della mia vita, abbiamo avuto fino alla fine, fino a pochi giorni dalla morte, una grandissima energia e curiosità. “ La guardò incuriosita, la signora in tailleur e scarpe lucide le stava dicendo quasi quello che sua nonna, contadina, le ripeteva da sempre, di come a letto ci fosse il segreto di tutto. “Vede, chiaro che nel compagno ho trovato il confidente, anche l’uomo con cui condividere sempre interessi, ma senza quella capacità di esprimersi in campo sessuale, tutto non dà la stessa sensazione”. Era per lei notizia che sentiva vera ma sulla quale non si era mai soffermata. Meditava con la tazza di tè in mano, occhi meditabondi, quando la signora la risvegliò con una battuta “Ascolta, non ti preoccupare, ti sarà capitato anche di mangiare in un fast food anche se sei stata abituata sempre ai ristoranti di lusso. Uno lo fa per capire, per provare un’emozione( si fa per dire!) ma si accorge subito che non è quello il suo ambiente. Non si tratta id essere snob, dsi tratta solo di scegliere sempre la cosa giusta”. Si misero a ridere e alla signora sfuggì una carezza affettuosa: un consiglio ad una sorta di figlia mai avuta.

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