Ora è di gran moda, come sempre è stata l’America a sdoganarla: la rosticciana ha cambiato veste e nome, ma è sempre l’esempio di un piatto popolare, ignorante, amato da tutti in privato , anche se pubblicamente qualcuno lo rinnega. Sì, perché due elementi sono indispensabili per mangiare la rosticciana: le mani e lo stuzzicadenti. Veder mangiare la rosticciana con forchetta e coltello è un esercizio di stile notevole, possibile oggi con le nuove tecniche di cottura BBQ, che rendono le “ribs”(imparate il nome, fa tendenza per le nuove generazioni) tenerissime e facilmente discostabili dall’osso. Ma vedere invece la classi-ca rosticciana, tenace e grassa, cercata di essere portata alla bocca con la forchetta, faceva sorridere al solo pensiero di quanta carne sarebbe rimasta attaccata all’osso. Quell’osso invece che, scarnificato a dovere, diventava l’emblema della soddisfazione palatale, avendo trasferito tutto il suo grasso sulle labbra, le mani, le guance e infine il tovagliolo del beato buongustaio. Lo stuzzicadenti, da sempre inviso a chi tiene all’etichetta, diventa una necessità per la capacità della rosticciana di infilarsi tra i denti e lì rimanere senza ritegno, a lungo, senza che l’azione di uno spazzolino possa scalfirla. La mia rosticciana è fatta sul fuoco di legna, alla vecchia maniera, senza salsa barbecue di accompagnamento, senza spennellate, con una cottura lenta, che le permette di sciogliersi ma non completamente, cercando infine di renderla croccante sui lati. Per condirla, sale spezzato e pepe. Quando voglio farla davvero alternativa, la preparo come mi ha insegnato il mio amico Paolo che nella vita fa tutt’altro: zucchero a caramellare, salsa di soia, succo di limone, scorza di arancia, peperoncino. Provatela!
Credits WIne Dhama
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