Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa nasce nel 1864 ad Albi, vicino a Tolosa, da una famiglia nobile, i suoi genitori, un conte ed una contessa, sono cugini di primo grado. Affetto da una grave malattia ereditaria alle ossa, Henri supererà di poco l’altezza di un metro e mezzo, sviluppando un corpo di adulto su gambe di bambino, a causa di una duplice fattura al femore, inoltre, camminerà con l’ausilio di un bastone.
Destinato ad una vita agiata, dagli anni ’80 sceglie di vivere a Montmartre ed abbracciare la vita bohémienne, assieme a bevitori d’assenzio, fumatori d’oppio, ballerine di can-can e prostitute. Studia con i pittori accademici Léon Bonnat e Fernard Cormon, nello studio di quest’ultimo incontrerà anche Van Gogh, che gli trasmetterà la passione per le xilografie giapponesi. Già nel 1886 apre un proprio atelier e collabora con i più celebri caffè-concerto, realizzando manifesti e locandine pubblicitarie. Frequentatore assiduo di teatri e case chiuse, amante del circo e del ballo, Toulouse-Lautrec diviene protagonista indiscusso della vita mondana della Parigi della Belle Époque, del Moulin Rouge in primis – aperto nel 1889 (nel centenario della Rivoluzione) riadattando a finto mulino con le caratteristiche pale rosse una ex sala da ballo. Ammiratore di Degas e degli impressionisti, l’artista sviluppa uno stile personale che grazie a pochi tratti riesce a cogliere l’essenza del personaggio, spesso raffigurato in litografie a colori; questo suo stile, a volte caricaturale e grottesco, non sarà apprezzato dalla corrente accademica.
Henri non è certamente un bell’uomo, ma è dotato di un temperamento sanguigno, di fascino ed ironia, non sarà quindi solo assiduo frequentatore di bordelli, ma avrà molte modelle-amanti, vedettes che ritroviamo come protagoniste di molti suoi manifesti.
Alla fine della sua vita trascorrerà quasi due mesi in una casa di cura per malattie mentali per disintossicarsi dall’alcol, ma la sifilide non curata, le allucinazioni, gli attacchi d’ira ed un colpo apoplettico avranno la meglio su di lui nel 1901, non ancora 37enne. La critica si dividerà fra lodi e cliché legati alle sue “menomazioni fisiche” maldestramente accostate alla scelta di rappresentare il “brutto”, ma la verità è che Henri Toulouse-Lautrec era troppo moderno per essere compreso appieno.
L’opera Al Moulin Rouge: la danza – Valentin le Désossé addestra le nuove leve (Dressage des nouvelles par Valentin-le-Désossé) – oggi al Filadelfia Museum of Modern Art – è stata dipinta nel 1890. L’opera fu commissionata proprio dal proprietario del celebre locale, dove la foga del can-can lasciava intravedere merletti e gioie proibite (la Terza Repubblica decise di mandare anche un ufficiale in loco che vigilasse –pare con scarso successo – sulla moralità degli spettacoli!). Al centro vediamo due ballerini scatenati: Louise Weber, ex apprendista lavandaia conosciuta col soprannome La Goulue, la golosa, per l’insaziabile appetito e la sensualità sguaiata, e Jacques Renaudin, noto con il nome d’arte Valentin le Désossé, per la magrezza quasi scheletrica. Tutt’intorno ci sono gli avventori del celebre café-concert: dietro, tra i due ballerini, con un cappellino nero, s’intravede la nota vedette Jane Avril, a destra in secondo piano con la barba bianca, scorgiamo il padre dell’artista. Noi però non ci immergiamo nell’ebbrezza delle danze, osservatori silenziosi, ma partecipi.
La pagliaccia Chau-u-Kao (La Clownesse Chau-u-Kao), conservato al Musée d’Orsay, è un olio su cartone del 1895. Chau-u-Kao non è altro che la trascrizione fonetica di chahut ossia “baccano”, ma anche “can-can”, e caos. L’acrobata e contorsionista è mostrata in un momento di intimità, mentre si trova nel camerino intenta a vestirsi, la immagino immersa in un silenzio fatto di rumori maldestramente attenuati dalle pareti sottili. Ci viene mostrata con un taglio quasi fotografico, così come sulla sinistra intravediamo un uomo elegante, un borghese, forse un voyeur. Il pittore si riallaccia qui al suo interesse per la quotidianità, quel ‘dietro le quinte’ che aveva raffigurato nei dipinti realizzati nelle case chiuse, mostrando la vita delle donne, suo soggetto preferito di raffigurazione, con grande sensibilità.
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