A dirla, tutta, questa uscita a coppie non la sopportava proprio, ma Emma aveva insistito così tanto che alla fine aveva ceduto: “E dai, cosa vuoi fare il giorno di Pasqua, stare a casa? O non lo sia che Natale è con i tuoi e…” ” ..e Pasqua con chi vuoi, me lo hai ripetuto sempre ma non chi vuoi tu!”. SI era imbarcata in questa storia da film dove la sua amica del cuore aveva trovato un maschio, con il quale sperava di iniziare una relazione: ed ovviamente la coinvolgeva in un’uscita a quattro dove lui si trascinava l’amico single (  quindi su piazza) e a lei toccava accompagnarla. Era il terzo tentativo, e le aveva fatto solennemente giurare che sarebbe stato l’ultimo. Nei due precedenti si era beccata a cena un personal trainer, troppo giovane per lei, dal quale era riuscita a defilarsi una volta che le aveva mostrato gambaletti di nylon sotto i pantaloni, vecchia tattica per far riporre le armi. E poi un agente immobiliare dalla cravatta con il bel nodone, che sembrava partire bene , peccato per la scelta di bere aranciata sul fritto misto di pesce: un segnale che aveva colto al volo, e che le fece annegare il resto della serata in un paio di cocktail per non stare ad ascoltarlo. Il lieve assopimento le permise di tornare a casa salva. Questa volta era una giornata da trascorrere insieme, senza aver prenotato nemmeno uno straccio di posto dove mangiare e già lei si immaginava la pesantezza di Emma che avrebbe cominciato ad urlare con voce stridula e lei a cercare di mediare con questi due sconosciuti. Si preparò la mattina vestita in maniera molto semplice e senza ammiccamenti di sorta: jeans, scarpe da ginnastica con fantasmini, golf e un filo di trucco. Nello zaino, giacchetto e un paio di barrette di cioccolato, onde evitare crampi allo stomaco da coda al bar. Quando vide arrivare Emma piegò la testa rassegnata: se dovevano camminare in campagna, si sarebbe ridotta uno straccio, con il vestitino a fiori corto e i sandalini aperti. Ma tant’è, la fece entrare in macchina e partirono per arrivare a casa di “…come hai detto che si chiama? ” “Lui si chiama Gualberto, un nome così bello e nobile, mentre il suo amico, quello per te, si chiama Mario” ” ..e di cognome Rossi, dai, tanto per distinguersi, vero?”. Rassegnata all’idea di ritrovarsi una sorta di orsetto accanto al superfigo, macinò i chilometri in velocità, facendo spaventare l’amica intenta a darsi l’ultimo strato di smalto. Arrivarono a destinazione e già la macchina era pronta: meno male, almeno puntuali. Lei riuscì a parcheggiare, quindi scesero in contemporanea con i due soggetti: uno con foulard, camicia sbottonata, giacca, capello lungo un po’ fané per la sua età; l’altro in camicia e gilet, calvo e dagli occhi azzurri, indubbiamente bel soggetto. Tremava al solo pensiero, ma fu tolta dall’imbarazzo dal saluto: “Ciao sono Mario” e la stretta di mano, lo sguardo e l’energia furono molto positivi. “Tu bevi champagne? ” “Certo che sì” disse mentendo spudoratamente. “Senti ho in macchina il frigorifero con la bottiglia e quattro calici, Gualberto beve poco, non so Emma. Ho preparato un po’ di culatello, prima di arrivare a destinazione ci fermiamo a fare l’aperitivo”. “Mi sembra un’idea geniale” Costretta a bere champagne..lo avesse raccontato alle amiche l’avrebbero fulminata! Mai partenza fu più intrigante….

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