Non importa chi vince, da un punto di vista gastronomico intendo, importa che qualcuno festeggi , magari alle due di notte, con i risultati già sicuri, dopo che nelle piazze si sarà già assisto a brindisi con bicchieri di plastica e di cartone. Non si può preparare prima un menu fastoso e complicato, porterebbe male e quindi, dovendo essere lo chef che “improvvisa” il menu della festa elettorale, quali piatti proporre, per una cena ordinata all’ultimo, abbastanza importante, elegante al punto giusto, da poter mettere a mangiare la gente in pochissimo tempo? Non ci sono certezze,ad onor del vero, scorrendo in un panorama italiano anche di ricette trashissime, l’aglio, olio e peperoncino è considerato troppo a sinistra per una sinistra che non c’è più ed una nuova destra proverà a banchettare a penne al salmone con uova di lompo colme di panna. E se fosse risotto? Niente male, permette di farlo cuocere mentre magari ci scappa una bresaola con la rucola e grana, e se nel riso ci si ficca un po’ di tartufo si acquista comunque nobiltà. E volendo invece integrare concetto ambientale e cibo, potrebbe essere il festival della frittata, fatta con gli avanzi del giorno, un toccasana per rendere edibile qualunque cosa che potrebbe rimanere dimenticata in maniera sempiterna in frigo, nel congelatore, in dispensa. Mano libera con i dolci, lo zabaione a profusione, per ritemprarsi di calorie ed essere invece consolatorio in caso di sconfitta: tuorlo d’uovo, zucchero, marsala, una soffice spuma che annegherà qualunque emozione. Bere? bollicine per la vittoria, rossi importanti per la sconfitta, che diano modo di meditare…
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