Ci sono vite che non possono durare a lungo, e lo si scopre sempre dopo la morte, per l’incredibile densità di avvenimenti che le popolano. Quella di Jean Michel Basquiat appartiene di diritto a quelle, sembra costruita dalla fervida mente di uno scrittore per un  romanzo, dedicato all’artista genio e maledetto, troppo avanti per la sua età anagrafica, pienamente inserito nel bel mezzo di una generazione che ha creato un mondo artistico che ha lasciato il segno. Andy Warhol, Keith Hering, William Burroughs, tutti personaggi frequentati quotidianamente, in una New York pericolosa ed inospitale, dove la Downtown era diventata quel luogo che tutti frequentavano, proprio per sorreggersi e spronarsi a vicenda. Da street performer a celebrato artista con quadri da quotazioni strepitose, purtroppo salite dopo la sua scomparsa. E’ una pittura violenta, potente, anche radiosa, di sicuro non indifferente o banale. L’alcol e l’eroina lo hanno distrutto, forse in una vita frenetica e adrenalinica il tempo per mangiare era poco: è anche vero però che con il primo quadro venduto a Debbie Harry, cantante del Blondie, il regalo che si concesse fu una cena al ristorante cinese con la fidanzata dell’epoca

BasquiatTesto di Elisa Martelli

Jean-Michel Basquiat nasce a Brooklyn nel 1960 da padre haitiano e madre di origine portoricana. Lascia la scuola prima del diploma ed inizia a fare graffiti sui muri di Manhattan assieme all’amico Al Diaz; i due si firmavano SAMO (ossia Same Old Shit), mischiando immagini ad aforismi e provocazioni. L’inizio degli anni ’80 vedrà la fine di quella collaborazione e il successo fulmineo di questo artista orgoglioso delle sue origini afro-americane. Grazie a lui e a writers come Keith Haring il graffitismo arriverà dalle strade fino alle più prestigiose gallerie d’arte. Basquiat lavorerà con Andy Warhol, ma questo proficuo sodalizio artistico si interromperà a causa dei problemi di droga e delle intemperanze del primo. Era bello Jean-Michel, ricco, tormentato, amava le donne – avrà una breve relazione con Madonna – i libri e la musica, nelle sue opere ci saranno spesso omaggi a musicisti come Charlie Parker. Basquiat vivrà come una meteora negli anni ’80 che vedono il successo della musica rap, di Spike Lee, della sitcom i Robinson.

L’arte per lui era un ring su cui combattere, aveva vinto tanti match al knock-out, ma forse aveva perso la partita più grande, morendo di overdose di eroina e alcol a soli 27 anni, nel 1988.

Basquiat

 

L’opera Untitled (Pollo frito) è composta da una tela posta su due grandi pannelli per una lunghezza di 3 metri, dipinta con olio, acrilico e smalto. Siamo nel 1982, anno cruciale per Basquiat che farà la sua prima mostra personale, incanalando la carica esplosiva dei suoi primi lavori di street art nelle opere che decreteranno il suo successo mondiale, sei anni prima della sua morte.

Colpiscono i colori non diluiti: giallo, arancio, rosso e le molte scritte: da sempre le parole sono parte integrante delle sue opere che forzano il linguaggio e confondono le interpretazioni. Basquiat diceva di usare le parole come fossero pennellate, in questo quadro ricorre la parola “pericolo” (danger, peligroso), forse un’allusione alla vita errabonda nelle strade della Lower Manhattan. Asbestos, amianto, riferimento alla bancarotta della Johns-Manville Corporation, dopo numerose cause per richieste di risarcimento per morti da amianto. Torna la corona a tre punte, allusione alla regalità della cultura black. Fra icone e simboli enigmatici risalta la scritta Pollo frito, in una sovrabbondanza di stimoli tipica del mondo contemporaneo, forse un mix fra realtà ed interiorità? Pare avesse corteggiato Pattie Anne Blau con un pollo fritto…

Se vogliamo parlare del mercato dell’arte, questa opera è stata venduta da Sotheby’s nel 2018 ad una cifra stellare: oltre 25 milioni di dollari (25,701,500 USD per l’esattezza).

 

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