I viticoltori di Greve in Chianti hanno raccontato il loro territorio in un evento dedicato, che ha visto la masterclass di Alessandro Masnaghetti nei bellissimi locali di Enoteca Falorni, poi seguita dalla cena con i produttori nella suggestiva Piazza del Comune.

A pochi giorni ormai dalla pubblicazione -attesissima- dell’atlante del Chianti Classico a cura di Enogea, alcuni comuni della denominazione hanno proposto eventi e masterclass per comunicare il territorio anche nella sua componente geologica, che spesso tendiamo a identificare come prioritaria nel racconto del profilo del vino, quando invece a concorrere ci sono molti altri fattori. E per me, lo confesso, prioritaria resta. Forse perché mi risulta più facile e immediatamente tangibile spiegare o associare un suolo a quelle determinate caratteristiche del vino. Il terreno è li, calpestabile, visibile per tutti gli occhi, e a me appassiona conoscerne i profili, gli orizzonti le vene calcaree; mi dà la sensazione di una cosa profondamente intima e “radicale”, nella sua accezione primaria. E giusto o sbagliato che sia, nel racconto del vino un riferimento al suolo ce lo infilo sempre. Da cui, come intuibile, ascoltare Mansghetti è per me fonte di estremo piacere.

Ecco quindi il racconto dei vini della neonata UGA Greve da un punto di vista geomorfologico.

Inquadriamo a grandi linee il territorio: siamo a nord della denominazione, che come si era detto per San Casciano (leggi qui), è paradossalmente la parte più calda del Chianti Classico, vuoi perché protetta a est dai monti del Chianti, vuoi per la vicinanza alla “conca di Firenze”, che in quanto a caldo non si risparmia.

La UGA Greve è anche la più grande e pertanto variegata da un punto di vista di suoli e esposizione, e sta tutta dentro la denominazione del Chianti Classico; conta circa 17.000 ettari, e a livello morfologico ha due riferimenti fondamentali: il fiume Greve e la omonima valle e i Monti del Chianti che la separano dal Valdarno. Masnaghetti evidenzia le seguenti zone all’interno della Unità geografica Greve e ci invita a riflettere sulle differenze (se ci sono) percepibili all’assaggio del vino. Ecco una breve sintesi di quanto è emerso in degustazione.

  1. Greve, la zona Nord, ovvero Strada in Chianti, Castel Ruggero e la Presura; zona più aperta e con colline decisamente dolci e climi più miti. Nel settore nord è inclusa anche la parte di San Polo, piccola e super interessante enclave, al confine nord orientale della denominazione, dove la valle dell’Ema si fa più stretta e la quota altimetrica si alza un po’ rispetto a Strada. Suoli caratterizzati dalla Formazione di Sillano, ovvero argilliti di vari colori e argilliti marnose; formazioni erodibili più lentamente, che spiegano la natura collinare più dolce e arrotondata del paesaggio. Buona presenza di argille la troviamo anche nei terreni tra Nozzole e Chiocchio, perciò anche quest’area è inserita nel settore nord. In degustazione da questa zona troviamo le aziende: Ottomani, Fattoria la Presura, Torraccia di Presura, Tenute Folonari. Vini che evidenziano struttura e tannini più arrotondati. All’assaggio ho fatto fatica a identificare una spinta territoriale davvero marcata, a prescindere dall’impronta stilistica dell’azienda
  2. la zona di Dudda e Lucolena, a est, due valli che si incuneano nei Monti del Chianti. Qui grazie alla montagna e alle altimetrie più elevate il clima si fa più fresco e il suolo è riconducibile al macigno del chianti, quindi all’arenaria non calcarea, talora indicata come pietra serena. I vini in degustazione (Castello di Querceto, Antico Borgo di Sugame e Carpineto) mostrano una affinità piuttosto evidente data da una maggiore scorrevolezza, vini più sottili, con freschezza più accentuata e tannini meno serrati. Insomma un sangiovese che va nella direzione di Lamole, di gusto e di fatto, dove il territorio si congiunge fisicamente. A mio parere i vini di Dudda e Lucolena sono tra i più buoni ed eleganti della UGA Greve.
  3. La zona di Greti, ovvero la parte centrale, anche qui troviamo argilliti tipiche della formazione di Sillano. In assaggio i vini di Castello di Vicchiomaggio, Corte di Valle, Fattoria Santo Stefano, Montecalvi e Terreno. Non facile anche in questa zona trovare un fil rouge dei vini al palato. Sensazioni terrose e tannini marcanti, ma la trovo comunque espressivamente meno compatta. Abbiamo bellissime espressioni di sangiovese con Vicchiomaggio e con Terreno, ma in bocca completamente diverse nella progressione e nelle dimensioni del gusto.
  4. Destragreve: ovvero quella parte che va da Greve paese, fino a Vignamaggio, quindi in direzione Panzano. Qui il suolo risente della presenza del Macigno e si sale un po’ in direzione sud. In degustazione Querciabella, Podere Campriano, Savignola Paolina, Terre di Melazzano, Vignamaggio, Richiari Porciglia. Piacevoli certe espressioni di Chianti Classico di questo porzione di Greve, a partire da Querciabella e Savignola Paolina, scattanti e affusolati. Una certa omogeneità nella vivacità dei vini e nel tannino buono e saporito si evidenzia da questa sottozona.
  5. Montefioralle, che fa UGA a sé stante, ma che è stata ampiamente descritta nella masterclass, come zona di pietraforte, ovvero arenaria a grana fine, cementata dal calcare. La pietra colorata, giallo ocra, quella resistente, usata anche per la costruzione dei grandi palazzi fiorentini vedi Palazzo Pitti e Palazzo Vecchio, tanto per citarne un paio. Su Montefioralle la caratterizzazione legata al suolo è più evidente, con sapidità e freschezza, marchio dell’alberese in bella evidenza in quasi tutti i campioni delle seguenti aziende assaggiati: Altiero, Castello di Verrazzano, Villa Calcinaia, Leonardo Manetti, Montefioralle, Pieve San Cresci, Terre di Baccio, Viticcio. Un’altra delle  aree di Greve che più mi piacciono.

Ringrazio i Viticoltori di Greve per l’opportunità di poter approfondire la conoscenza di questo territorio in maniera così mirata ed efficace. Ben vengano altri appuntamenti di questo spessore.

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