Mi ha colpito lo sfogo di Igles Corelli su Facebook: per chi non lo conoscesse è uno dei cuochi che ha creato una vera e propria fucina di talenti negli anni Novanta, in quel di Argenta, al ristorante Trigabolo: da lì sono usciti Bruno Barbieri, che vedete in Masterchef, o Italo Bassi, uno degli chef dell’Enoteca Pinchiorri, tanto per fare due nomi a caso. Igles si chiede perchè siamo perennemente esterofili, in cucina ci sono mode che cavalchiamo per tutto il tempo nel quale sono in auge, per poi abbandonarle senza indugio e fa degli esempi: prima i giapponesi, poi gli spagnoli, ora i nordici e i peruviani, tra un po’ quelli dei Tropici. E lamenta che i giornalisti e gli addetti al settore sono sempre pronti a rincorrere quel che arriva di nuovo, scordandosi della ricchezza che abbiamo in casa. Ora, le sue parole mi hanno fatto ragionare: in effetti, andano a leggere qua e là. se non apprezzi le formiche sembri quasi un disadattato, se non plaudi al nuovo credo peruviano sei out..estremizzo, ovviamente, ma di sicuro, i cuochi italiani, nel corso degli ultimi anni, sono stati valorizzati solo in funzione degli stage fatti all’estero nei luoghi giusti. Poi ci si accorge che dall’estero arrivano in Italia per fare gli stages ed imparare nei ristoranti italiani un bel numero di cuochi giovani, ovviamente mai francesi, chiusi nel loro splendido isolamento, eccetto che per congressi e riunioni, dove hanno preso a partecipare per scambiare impressioni e conoscenze. La discussione merita di essere approfondita: prodotti italiani apprezzati, Italia punto di riferimento culinario per molti paesi però cosa manca, forse la capacità di fare sistema? Continua…
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