Giunto finalmente al termine il lavoro di studio che ha visto unite l’università di Kingston, in Giamaica e quella di Siena, sede distaccata di Arezzo, riguardante le affinità di due prodotti utilizzati in cucina e in pasticceria: le due fave sono state studiate a lungo per capire il loro effettivo potenziale gastronomico e lo sviluppo futuro in termini di quantità e diffusione. Prima di tutto, gli studiosi aretini si sono concentrati sull’origine del nome, cercando di stabilire l’effettiva esistenza del signor Tonka quale responsabile della scoperta ma, vista la diffusione del prodotto nell’isola caraibica, è parso naturale comprendere che il nome fosse legato invece all’antico nome del luogo. Per quanto riguarda la fava lunga toscana, sembrava scomparsa ma negli ultimi anni è ricomparsa numerosa anche fuori dal posto di origine, e si pone oggi il problema di come poterla impiegare per uso alimentare. Sembra particolarmente adatta in pasticceria, così come la corrispettiva giamaicana, in particolare per il salame dolce. Nel simposio finale, i ricercatori sono stati concordi nel fatto che si possa cercare un connubio anche con le fave di fuca, particolarmente adatte a completare l’azione in termini digestivi. In futuro sono attei i risultati delle prove gastronomiche affidate ad un pool di chef e pasticceri

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