Arte all’arte è il caso di dire, e infatti lo chef muove il suo ristorante da un museo all’altro. Dal Museo d’arte Contemporanea di Lucca a Palazzo Pfanner. Il luogo che ospitò Alberto Sordi per le riprese del Marchese del Grillo, ospita da inizio anno, nelle ex scuderie, un altro grande interprete italiano: chef Tomei. Del resto l’arte chiama l’arte, nulla di nuovo. E senza voler scadere nella ovvietà dello chef = artista, parlerò di Cristiano Tomei come lo chef performer. Sarebbe a dire? Come nella performance art in cui lo scambio reciproco tra il performer e il pubblico diventa l’espressione artistica stessa, resa attraverso il gioco, l’ironia, la provocazione, l’esperienza, all’Imbuto la performance gastronomica è interattiva, poliedrica e polisensoriale. Chef Tomei è il performer, una sorta di Abramovich della cucina che si spinge oltre limiti esplorati, attraverso tradizioni capovolte e a tratti sovversive.
Come in “the artist is present” la presenza dello chef diventa essenziale per lo svolgersi del percorso; è fatta di sorrisi, racconti, battute, frasi lasciate a metà, ammiccamenti. E se stai al gioco puoi ruzzare che è un piacere.
Faccio subito un esempio, sennò sembrano parolone sparate a casaccio.
Il coraggio
La pasta e fagioli. Ammettiamolo che è una tra le cose più buone esistenti. E ammettiamo anche che della pasta e fagioli i ristoratori e clienti si vergognano. Il ristoratore a proporla in carta e il cliente a ordinarla. Ma se un superchef provoca e osa proporla nella degustazione zitti e godete. Dove sta la performance? nel coraggio di stimolare memoria e reazioni servendo una pasta scotta, perchè si sa, la pasta e fagioli è meglio il giorno dopo, con la pasta che ha messo le corna, parlando in toscano stretto.
Pasta e fagioli: ravioli ottenuti da pasta di grano duro stracotta in acqua e tirata a nuova sfoglia per accogliere un ripieno di fagioli rossi lucchesi insaporiti con miso di soia. Il tutto servito con funghi secchi al vapore. Funghi al vapore? ESATTO
La poesia
Vi ricordate in Oceano Mare, il pittore Plasson che dipingeva tele che restavano bianche, perchè per ritrarre l’anima del mare intingeva il pennello nell’acqua di mare? C’è uno chef, tale Tomei, che per non dimenticare il sapore della pasta, sempre coperto dalla salsa, cuoce gli spaghetti in brodo di spaghetti. E questo è il piatto. Non ho capito come fa, ma ci ho trovato tanta poesia, “ed è un pensiero che da i brividi” (cit.)
Pasta: spaghetti cotti in brodo di spaghetti. Serviti con grattugiata di mandorla amara come fosse parmigiano. Il sapore puro della pasta.
Arte e religione
Le Suorine. Il piatto del peccato. Da assaporare in religioso silenzio. Non c’è niente di pio nelle suorine, tale è la loro scellerata bontà da risultare profana, illegale. Ravioli verdi ripieni di lampascioni e lardo di Colonnata, serviti in brodo di testina di maiale, faraona e vermut. La performance prevede lo chef che serve i piatti e confessa: “il primo raviolo è la sorpresa, il secondo la necessità, il terzo è dipendenza”
Le Suorine
Arte e bellezza. Arte e ritualità
L’arte che nobilita la materia e rende bello anche il brutto. Arte è un pollo arrosto cotto e servito nella busta della rosticceria, con la tradizionale scritta: “Specialità allo spiedo. Ben cotti, sempre caldi”. Il rito di tagliare la busta con le forbici è l’odore di mille polli allo spiedo comprati la domenica mattina dopo la messa (o anche senza la messa, era tanto per dire). Sul fondo del piatto estratti di rosmarino, salvia e alloro, gli aromi tipici della cottura del pollo arrosto e sul pollo arrosto niente pepe, ma una bella spolverata di ciofeca, ovvero la polvere di foglia di cicoria essiccata. L’arte di Tomei fa bella anche la ciofeca!
il pollo arrosto
L’arte è una scelta
il percorso artistico può essere lungo e faticoso, così come il cammino verso Tomei può portare in strade e vicoli di Lucca sbagliati. Non ci sono insegne o targhe che identificano la meta. L’Imbuto è un viaggio anche per trovarlo, una sorta di mistery restaurant che si cela all’ombra delle mura di Lucca, dietro un pesante portone che conduce ai giardini di Palazzo Pfanner. Del resto Tomei lo scegli, non ti ci imbatti per caso lungo la strada. Se poi proprio ti perdi come ho fatto io, niente paura, la realtà supera l’arte e lo chef ti viene incontro per la strada e l’arte diventa un gesto quasi normale, della vita vera, di uno chef che va incontro a una disperata priva di senso dell’orientamento.
Nell’arte performativa lo spettatore non è più passivo osservatore, ma è coinvolto nella performance sia emotivamente che fisicamente. Per quanto mi riguarda la performance di Tomei m’ha coinvolto parecchio, purtroppo solo per il lato emotivo, che fisicamente c’è stata più o meno una stretta di mano e nulla più. Comunque sia ho goduto.
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