Fra le antiche varietà coltivate intorno Reggello e nel Pratomagno è sicuramente il cece dal gusto più delicato; se ne era andata persa la produzione soppiantata da altri tipi di ceci più produttivi. . Coltivato da una famiglia in un podere intorno alla Torre del Castellano da più di cento anni, è sopravvissuto grazie a un’accurata selezione fatta da loro stessi e proseguita poi da chi ne ha raccolto la tradizione. L’università degli Studi di Firenze, in collaborazione con il primo produttore che ha ricominciato la coltivazione, Mario Agostinelli, ne ha selezionato il germoplasma. E’ un cece di media grandezza che ricava il suo nome alla colorazione rosacea che lo contraddistingue. La polpa è soda, il sapore delicato; deve il suo sapore al terreno di rocce calcaree dove è coltivato: lo stesso seme impiantato in un altro tipo di terreno produce un cece dal gusto totalmente diverso. Per questo l’area di produzione è ristretta alla zona intorno alla Torre del Castellano e a pochi altri poderi che in comune hanno la terra calcarea. Prima della cottura il cece abbisogna di un lungo ammollo, almeno 10 ore: quindi dopo averlo ben lavato va messo in acqua fredda salata.Per la cottura vanno posti in una pentola, preferibilmente di coccio, con acqua (che li copra di cinque dita), un capo di aglio in camicia e una foglia di alloro. Vanno coperti e fatti cuocere, in forno o sul fornello, a fuoco lento per circa due ore: salare a fine cottura. Condire con olio extravergine di oliva e pepe.
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