’Eden 2.0 esiste, è in Toscana, è circondato da mille piccole e grandi magie, qualcuna quotidiana come i borghi di Chiusdino e Ciciano, i castelli di Frosini e Miranduolo, qualcun’altra ricca di fascino e di mistero, come il Ponte della Pia e la spettacolare Abbazia di San Galgano con la Cappella di Montesiepi e l’unica vera autentica spada nella roccia.
L’Eden 2.0 è roba da ricchi, ma a una condizione: che abbiano denso non solo il portafoglio ma anche lo spirito. Per respirare a pieni polmoni, occhi, bocca naso, mani, orecchie, insomma i cinque o sei sensi più però, condizione essenziale, il cuore, i regali di una campagna che sbocciano nel silenzio di una piantina che cresce, nel belato di un agnello, nel chiocciare di una gallina, e si dilatano tra le pietre e le boiseries e i sontuosi arredi nascosti dentro casette di pietra separate da un viale di ciliegi giapponesi e affacciate su discrete piscinette private, e si raccolgono in una serie di luoghi anch’essi magici. Di magia antica e tutta terrena: la stalla degli agnelli, il bosco dove scorrazzano i maiali, gli orti, le vigne, il pollaio, i campi delle erbe officinali, le serre, la casetta della distillazione di essenze (diventeranno cosmetici e profumi), il caseificio, il laboratorio dei fermentati, la cantina che sta crescendo in fretta. La SPA, certo, pronta anch’essa a raddoppiare presto. E infine le tavole, una trattoria tutta di legno inventata intorno al tronco di un albero gigantesco, e il ristorante stellato. Questo Eden 2.0 ha un nome, si chiama Borgo Santo Pietro, si stende e si dilata oltre un bel cancello lungo la provinciale 441 che attraverso Boccheggiano e Prata scenderà a Massa Marittima e Follonica. Qui siamo pochi metri prima del piccolo borgo di Palazzetto, due chilometri oltre San Galgano.
La storia è nota. Vent’anni fa una coppia di danesi, imprenditori del design e del recupero edilizio, Claus e Jeanette Thottrup, capitano in zona e si innamorano di un bel casale messo nemmeno troppo bene. Ma la scintilla dei visionari non manca, e parte l’idea: facciamone un resort, un agriturismo di lusso. Che avrà con il tempo i suoi alti e bassi, ma la barra sempre dritte verso l’obiettivo: accoglienza di alto livello, come si diceva, per tutti i sensi. E un paio di appendici interessanti. Uno yacht di 41,5 metri tutto tek e mogano di classe Satori per charter a vela, e un ristorante a Firenze. Ma piomba anche la pandemia, il meccanismo pare incepparsi e i Thottrup si prendono il tempo per pensare, continuare a far crescere l’Eden, ripartire alla grande.
Siamo ai giorni nostri. Borgo Santo Pietro si propone scintillante nei suoi 10 ettari di vigne: le piante sono giovani, diversi i vitigni, ancora è presto per stappare, olivete, orti, campi e via e via. E un’altra scintilla da visionari: l’arrivo di un cuoco di 28 anni al timone delle cucine. Si chiama Ariel Hagen, ma a dispetto di un nome che raccoglie tante eredità di storia tra migrazioni yiddish e incroci mitteleuropei è fiorentinissimo e fiero della sua toscanità, il primo “asset” che ha voluto sottolineare appena giunto a Borgo Santo Pietro. Proveniente da esperienze che sicuramente ne hanno segnato il percorso: non si resta certo gli stessi dopo anni con Gaetano Trovato da Arnolfo e con Norbert Niederkofler con il quale ha conquistato la terza stella Michelin al Rosa Alpina nel Sankt Hubertus di San Cassiano in Badia.
L’uomo ideale, Ariel, per la cucina “gourmet sperimentale” voluta da Claus Thottrup per il Borgo. Dove intanto il ristorante cambia nome, e si chiama Saporium di Chiusdino, come si chiamerà Borgo Santo Pietro Saporium Firenze anche la tavola fiorentina, in riapertura forse alla fine dell’anno nella stessa location di sempre sul lungarno. L’uomo ideale per tecnica e passione. Con “Giustino”, il capo della fattoria, è una osmosi continua di informazioni e sensazioni, sulle piante e sugli animali. Si coccola i suoi orti, Ariel, assaggia germogli e fili d’erbe, perché “solo così – spiega mentre ci guida, privilegiati, a visitare tutto il suo regno – può nascere una cucina che è cucinata all’80 per cento, ma che porta gli ingredienti dalla terra al piatto” in percorsi che sanno di campagna e di stalla ma anche di mare e di fiume, un divertissement per chi cucina e chi assapora in un bel gioco di costruzioni e accostamenti. Senza roner né sottovuoto, ma in piena libertà di esecuzioni manuali, basta che ci siano i prodotti, “oggi gli asparagi domani le biete e la camomilla”, e gli occhi si illuminano.
Andiamo a tavola, al termine di una visita che nel racconto non può trascurare due persone, due regine. Mamma Olga, la non più giovane ma proprio per questo scrigno di tesori e comunque vivacissima maestra della scuola di cucina per gli ospiti, che lavorano insieme ai sapori genuini e poi li mangeranno, ancora tutti insieme anche se vengono dal Canada, dall’Australia e dal Nord Europa, sotto un bersò campagnolo dopo un tuffo in piscina. E Stefania De Leo, la “strega” delle fermentazioni: verdure dell’orto in acqua e sale, limoni sotto sale, ricette semplicissime dalla scuola di Carlo Nesler ma preparati di gran gusto. Li usa Ariel, e presto saranno anche in vendita nel negozio che i Thottrup hanno rilevato di fronte a San Galgano, outlet di fattoria tra formaggi, miele delle api della tenuta, uova, tutti i prodotti di “una tenuta di oltre 120 ettari – si legge nelle presentazioni – con 250 pecore, 20 maiali, 15 alpaca, 175 polli, 70 conigli (e aumentano mentre leggete… ), 11 ettari di giardini di erbe, 4 ettari di orti, 1 Casa delle Erbe, 1 laboratorio di fermentazione, 2 serre e nuove esperienze ludiche per nutrire il corpo, la mente e l’anima sempre più profondamente”. Sì perché sia gli ospiti delle 22 camere, 4 suite e alcune ville del boutique hotel a 5 stelle, ma anche gli esterni che vorranno trascorrere al Borgo una domenica troveranno tante di quelle idee da non sapere proprio come scegliere.
Ma andiamo a tavola, dai. Tre menu: Profondità vegetali, 8 portate a 155 euro; Pes-care, 9 portate a 165 euro; Proiezioni territoriali, ancora 9 portate a 165 euro. Ci sono anche i pairing di vini, oltre a una cantina ricca di eccellenze e anche etichette “cercate”: Introduzione, 125 euro; Selezione superlativa e annate d’eccellenza, 195 euro; Sotto la luna, 110 euro). Sorpresa nei menu, niente descrizioni di piatti. SI chiamano “Bieta e asparagi” o “Sogliola”, “Risotto” o Chiocciole”, “Tagliolino” o “Dentice”, “Pappardella” o “Agnello”, “Sedano” o “Rabarbaro”, “Fragola” o “Pinolo di San Rossore”. L’essenziale visibile agli occhi, dunque. Servizio rapido, “non posso costringere le persone quattro ore a tavola”. Piatti, come si è detto, che possono cambiare spesso, magari qualche “must” resta ma non sempre il mare fornisce gli stessi pesci, non sempre l’orto è pronto allo stesso modo. Si parte con tanto colore, è fiore di nasturzio, con crocchetta di patate alle mandorle in tempura leggera su uno stecco di lavanda, un cannolo con maionese di melissa e semi e piante, una cialda di aglio nero.
C’è la terrina di bietola laccata con burro di nocciola, sciroppo di fiori di sambuco, asparagi e maionese di cipollotto. C’è la sogliola sfumata al vino bianco con crema di piselli, estrazione di clorofilla di menta e un fondo di sogliola e lemongrass; e poi la trota iridea cotta in un burro demi-cuit con semi di daikon e nasturzio che ricordano il wasabi. Giochiamo a ricordi condivisi con il risotto al burro con aglio orsino, clorofilla e bietola grigliata, a entrambi ricorda un sentiero nella foresta di Vallombrosa.
Porta lontano il tagliolino al fungo koji con una salsa dalla lattofermentazione dell’orzo, mantecato in burro ai fiori di sambuco, riporta a casa la pappardella all’uovo (26 rossi per 560 grammi di farina) ripiena di brasato classico di coniglio battuto al coltello. Ecco il pane. Vegetale, al prezzemolo, 30 ore di lievitazione con aggiunta di farina tipo 1, 88% di idratazione per dare massima digeribilità: arriva con burro salato e cipollina borrettana in salamoia al 2 per cento. Crema di ortiche e nocciole caramellate e frullate per le chiocciole, tenerissima spalla di agnello dalle stalle del Borgo. Marmellata e sorbetto di sedano con semi di finocchietto candidi come pre-dessert, pinoli di San Rossore e cioccolato bianco allo zenzero con gelato al pinolo e poi sorbetto alle fragole con mousse di latte di pecora e marmellata di fragole al basilico come finale.
Un’esperienza, un tourbillon di sapori. Ariel l’applicherà come filosofia nei due ristoranti: a Firenze però il resident chef sarà Marco Stagi, e per la stessa figura al Borgo la scelta di Ariel è caduta su Luca Ottogalli, con lui già al St. Hubertus, sua spalla da Arnolfo, più esperienze da Joel Robuchon e a Casa Perbellini.
I commenti sono chiusi