Sicuramente gli amanti della cacciagione hanno sempre trovato, in terra toscana, pane per i loro denti, visto che la tradizione gastronomica su questo genere di carne, affonda le sue origini nel Medioevo. Ma se diventa piuttosto facile trovare ristoranti che servono pappardelle con sugo di lepre o di cinghiale, fagiani arrosto o cinghiale in umido, ben piu’ difficile e’ trovare qualcuno che riproponga il "dolceforte". Molto diffuso nelle zone di Siena e Firenze, dove se ne ha traccia in ricettari del ‘500, e’ di chiara origine rinascimentale, quando risultava molto piacevole, per i gusti di allora, abbinare il gusto dolce a quello salato. Non a caso, scorrendo le carte dei banchetti dell’epoca, si nota come nel servizio di credenza, una sorta di buffet di antipasti attuale, fossero compresi dolcetti di vario tipo, come morselletti, cavallucci e pasticcini di mandorle. Tornando al "dolce-forte", piu’ che una ricetta a se’ stante, lo si puo’ considerare una salsa di accompagnamento, che viene unita alla lepre, preparata in umido, a meta’ cottura, ed e’ composta da panforte e cavallucci tritati, cioccolato fatto fondere nel burro, pinoli e noci spezzettati ed uvetta sultanina, il tutto innaffiato con aceto e fatto cuocere a parte, prima di unirlo alla carne. Per chi ama particolarmente i contrasti, la salsa deve essere aggiunta pero’ solo a cottura ultimata, per mantenere piu’ integri e decisi i sapori dolci. Prima dell’avvento del cioccolato dall’America, lo stesso veniva sostituito dal miele, aumentando cosi’ la componente dolce del piatto. L’occasione per mangiare questa prelibatezza diventa sempre più rara, tolte le nonne che ancora lo propongono in casa, sono rari i fortunati che hanno avuto la fortuna di assaggiarlo all’interno delle mura domestiche. Per chi teme una digestione laboriosa, dato il menu non propriamente leggero, puo’ accompagnare il tutto con del Chianti Classico piuttosto robusto, a favorire un dolce abbandonarsi, a fine serata nelle braccia di Morfeo
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