Al freddo non si era certo abituata, anche se un inverno a Parigi lo avesse già trascorso; l’autunno che in Italia voleva dire per lei porcini e profumo di caldarroste, qui era invece caratterizzato dal cambio deciso di abbigliamento: le calze erano già quelle coprenti, i vestitini non erano più quelli leggeri di cotone, preferiva oramai da tempo il classico golf e pantaloni alla caviglia, il basco e la sciarpa che cambiava ogni giorno. Uscita dal suo appartamento vicino alla Sorbona, aveva da sempre l’abitudine di dirigersi al Beaubourg a piedi, passando accanto a quella che era rimasto di Notre Dame. Qualche volta si infilava nel Quartiere Latino, per una sosta al caffè, ma preferiva spesso superare la Senna e trovarsi un posto in zona Les Halles. SI divertiva sempre a pensare quanto quella città riuscisse a sorprenderla senza eccessi, come quella mattina che fece colazione su un Bateau Mouche dove stavano realizzando un corso di pasticceria dedicato ai croissants. In effetti camminava tanto e faceva tutto con un certo anticipo: era come dovesse vivere ogni giorno in maniera assoluta, ed il mattino era un momento da sfruttare; non certo per dormire e poltrire a letto, ma per entrare nelle viscere di una città che aveva scelto per vivere, tardi rispetto all’entusiasmo giovanile, ma in maniera consapevole. Via da lui, che amava immensamente , ma il fatto di non poter avere figli li aveva allontanati: con dolore e senza una motivazione precisa, ma di fatto il cuneo si era infilato fra loro ed aveva fatto il proprio lavoro. Era contenta di aver trovato un impiego in campo culturale, nella biblioteca del Centre Pompidou, dove metteva a frutto le lingue che aveva imparato e la passione per i libri. Questo le aveva risparmiato la ricerca spasmodica di amicizie, costruite più per solitudine che per vero interesse di conoscenza. Amava i libri, le visite ai musei, che non voleva frequentare da turista ma da parigina, quindi senza fretta, una volta alla settimana e poi perdersi nei negozi piccoli. Con lui, il legame non si era certo sciolto: era arrivato anche lì,un giorno, all’improvviso, aspettandola sotto casa, ed il tempo trascorso insieme era stato dolce e creativo. Non c’era malinconia alla sua partenza, erano riusciti a metterla da parte e vivere insieme belle esperienze: la cena da Alain Ducasse, nel ristorante della Tour Eiffel, ma anche il bistrot dove lui prese le ossa spezzate al sale grosso che tanto amava e non potevano certo risparmiarsi la cena da Chartier. Quella mattina si rendeva conto che camminare era leggermente più faticoso, il freddo era particolarmente pungente e la fame un po’ arrembante, visto che il giorno prima non aveva cenato: si fermò a fare colazione, café crème e pain au chocolat e decise di telefonargli: perché rinunciare a questa esigenza che sentiva impellente? Gli rispose subito e cominciarono a parlare : sarebbe stato il suo primo ritardo al lavoro, poteva succedere..
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